Un archivio di negativi su lastre di vetro, riapparso dall’oblio nel magazzino di un negozio di macchine fotografiche dove si nascondeva dalla fine degli anni Cinquanta, carteggi e documenti originali, tre scopritori anonimi e cinque anni di intense ricerche. Sono questi gli ingredienti di una enigmatica storia di vita, rinata su Instagram con il profilo @whoiscufter.
Il protagonista, influencer con le radici nel secolo scorso, munito di uno pseudonimo dal senso ancora segreto, si presenta così: “Sono un fotografo triestino, vi mostro l’Italia di inizio 900 attraverso mie foto inedite. Scrivetemi, vi racconterò di me e della mia Italia”. E a scrivergli sono in tanti, per dialogare con un passato lontano e sbirciare nell’esistenza di chi in quel passato ha lasciato traccia. Sì, perché è facile illudersi che sia davvero Cufter a rispondere, con un garbo d’altri tempi, come le sue avventure in immagini.
Da luglio, ogni giorno, quest’uomo misterioso che se fosse ancora fisicamente tra noi avrebbe già raggiunto i centocinquant’anni di età, racconta l’Italia in bianco e nero ai suoi più di duemila follower. Non è raro che li sfidi anche a riconoscere territori e monumenti o che li accontenti con la pubblicazione di un luogo del cuore. Di luoghi, Cufter ne ha esplorati tanti: dalla Aci Trezza de “I Malavoglia” al Vittoriale di Gardone Riviera, con la speranza di incrociare il Vate Gabriele D’Annunzio, da Aosta a Gorizia, da Palermo a Milano, in vacanza estiva tra Nettuno e Anzio, in visita alla sorella a Firenze.
“30 luglio 1921 – Il vento le agitava i capelli e lei felice volgeva ridendo lo sguardo al Castello di Miramare. Quanto mi manca la mia Trieste”. “Le mie vacanze in Sicilia. il pescatore mi ha detto che la fontana si chiama Lo Sgriccio. Sono nel paese dei Malavoglia”.
“Assisi, Basilica di Santa Chiara – Certo che deve essere veramente dura per i fotografi odierni raccontare i luoghi. Troppe macchine, troppe persone. Ma come fate?”. “Firenze, Santa Maria del Fiore – Col passare del tempo le mode cambiano, le città si fanno sempre più caotiche. Chissà dove ci porterà tutto questo progresso…”.
La sua aspirazione politica irredentista, abbandonata con delusione solo nel dopoguerra, lo ha costretto a lasciare presto la mitteleuropea Trieste ed emigrare a Roma a inizio secolo per sfuggire agli austriaci. Dalla città capitolina, che lo ha accolto con un impiego pubblico e lo ha aiutato a crearsi una “piccola famigliola che adoro”, ha viaggiato per più di un ventennio, dal 1907 al 1930, per collezionare scatti di grandi e piccoli centri abitati di volti. “Ho sempre considerato l’elemento umano parte fondamentale della mia narrazione delle bellezze del nostro paese. Forse oggi la chiamerete fotografia di strada…io non gli avevo dato un nome”, racconta in una delle sue didascalie.
Per potenziare l’impatto visivo tridimensionale, la street photography di Cufter distanzia lo sfondo dai differenti piani in cui sono posti i soggetti. Tutti immortalati con la sua Verascope Richard, “ottima macchina robusta con un magazzino che permette di cambiare automaticamente le lastre” e che, con due obiettivi posizionati alla distanza degli occhi, coglie una doppia prospettiva, per una visione stereoscopica che tramite un particolare visore restituisce profondità.
Come ogni instagrammer che si avvia al successo, condivide con il pubblico digitale la sua quotidianità, che si tratti di eventi storici (l’alluvione di Roma del 1915, con l’orologio su Castel Sant’Angelo che segna le due meno cinque, il varo della corazzata Viribus Unitis a Trieste nel 1911, che riporterà le spoglie dell’Arciduca Francesco Ferdinando dopo l’attentato di Sarajevo), o di momenti ordinari (il pranzo con l’amico al ristorante Valiani alla Stazione Termini per assaggiare “i famosi carciofini del Signor Leopoldo”, l’“atmosfera allegra e spensierata” sul piroscafo verso Capri).
“Il Tevere è vicino a rompere gli argini…questo 1915 si sta facendo sempre più minaccioso”. “Trieste, 24 giugno 1911. Il varo della corazzata Viribus Unitis alla presenza dell’Arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo”.
“La Stazione Termini. Sto andando a pranzo al ristorante Valiani con un amico…Sicuramente ordinerò i famosi carciofini del Signor Leopoldo”. “Sul piroscafo Capri verso l’isola omonima, l’atmosfera a bordo è allegra e spensierata”.
Il legame con l’attualità viene spesso richiamato: con una foto scattata a Napoli alla fine dell’epidemia di spagnola, prova a incoraggiarci (“Ho saputo che anche voi state passando una situazione simile. Se ce l’abbiamo fatta noi ce la farete anche voi, vi auguro tutto il meglio”), con uno scatto di una signorina in posa sul lago di Garda tenta una strategia facile per guadagnare fan e like (“Mi dicono che per ottenere interesse su quelli che voi chiamate social devo far vedere foto di belle ragazze. Ci provo”).
Cosa intendesse fare Cufter con questo suo patrimonio fotografico è un altro dei misteri che lo accompagnano. Sappiamo, dai suoi scopritori, che da dilettante ha pubblicato poche decine di scatti, di tanto in tanto ha venduto fotografie ai musei e all’ENIT (l’odierna Agenzia Nazionale del Turismo) e ha scritto articoli per qualche rivista di fotoamatori. Un lustro di catalogazione di documenti e negativi, conservati dentro scatole con indicazioni geografiche approssimative, ha portato a far coincidere immagini e dettagli, ma soprattutto a individuare un’identità e un volto, a noi ancora ignoti.

Nonostante un sito web, tre profili social (Instagram, Facebook e Twitter) e un interessamento virale, però, le istituzioni culturali contattate non hanno prestato proporzionata attenzione a un progetto che ricostruisce la realtà di un uomo che, con la stessa passione degli inizi come assistente di un fotografo di Fiume, ci sta regalando oggi, attraverso il suo alter ego, la testimonianza inedita di un’Italia che non c’è più.
“Il mio archivio che credevo sarebbe andato perduto dopo la mia morte ha resistito agli anni, è stato ritrovato e finalmente riesco a mostrarvelo”. Ma quando verranno rivelate tutte le sfaccettature di questo prezioso enigma alla Vivian Maier? “Un giorno”, è la risposta altrettanto criptica degli scopritori. Nel frattempo, con crescente curiosità, continueremo a chiederci: “Chi è Cufter?”.