Instagram può influenzare il turismo archeologico? La risposta è: assolutamente sì!
Il Turismo archeologico (o Archeoturismo) rientra nelle forme di turismo culturale, il cui obiettivo è promuovere l’interesse pubblico per i beni storici e la loro conservazione. È un vero e concreto viaggio nel passato, perché letteralmente ancora oggi si può camminare tra le vie di città millenarie e ammirare statue, resti, costumi, tradizioni di civiltà antiche di cui facevano parte i nostri antenati.
L’archeologia, ausiliaria della storia, è la scienza che analizza i resti della cultura materiale dell’umanità che si trovano nel suolo e nel sottosuolo. Il suo metodo consiste nell’interpretare gli oggetti, o i frammenti degli oggetti, nel contesto fisico in cui si trovano. Non è solo la data ciò che si deve verificare con l’archeologia, bensì tutta la cultura nella quale viveva quell’uomo che usò ogni oggetto ritrovato. Questo fine è estremamente ben sintetizzato da Mortimer Wheeler quando dice che l’archeologo non riporta alla luce gli oggetti, bensì gli esseri umani.
Con i suoi 45 siti archeologici riconosciuti dall’Unesco, l’Italia è un’eccellenza mondiale per il turismo archeologico, sia per numero che per diversità. Il sud Italia da solo possiede più del 27% di questo patrimonio e, secondo una ricerca di SRM, presentata alla Borsa Mediterranea del Turismo di Paestum dello scorso fine settimana, di cui Igersitalia è stata Social Media Partner, il flusso turistico internazionale è ancora piuttosto limitato, in quanto dei 44,3 miliardi spesi in tutto il paese dai viaggiatori internazionali, il sud ne riceve solo 7,4 (pari al 17%). Sono soprattutto gli italiani che apprezzano il sud del Paese, ciò significa che le Regioni hanno davanti un enorme potenziale non ancora sfruttato.
La bellezza e la cultura italiana hanno da sempre attratto viaggiatori da tutto il mondo, facendo del Bel Paese una destinazione imprescindibile per chiunque ami la storia. Basti pensare al Grand Tour, il viaggio nell’Europa continentale che intraprendevano, tra fine 1600 e inizio 1700, i ricchi aristocratici europei, allo scopo di perfezionale il loro sapere, studiando politica, cultura, arte e antichità dei paesi visitati, oltre che a fare acquisti. L’Italia era la meta preferita, grazie all’eredità lasciata dalla Roma antica, con i suoi monumenti, le città di Pompei ed Ercolano, le opere rinascimentali, barocche e neoclassiche, Napoli con i Campi Flegrei, e la Sicilia con il suo incanto unico. Da “Grand Tour” si originò anche il termine “turismo” e questa tendenza si considera effettivamente come l’antesignano dei moderni viaggi turistici, intesi come cultura di massa.
Instagram soddisfa l’esigenza dell’essere umano di rappresentare, autorappresentarsi e comomunicare attraverso le immagini.
Facciamo un balzo in avanti e arriviamo al 2010. Da quando c’è Instagram il turismo è cambiato, è un dato di fatto. Questa app è amata da circa 26 milioni di italiani, ovvero il 42% della popolazione, e per il 2025 si prevede una crescita fino a raggiugere i 35,1 milioni di utenti (fonte: Statista). Mi domando se ci sono ancora persone che, prima di partire per un viaggio, non fanno un giro su Instagram per conoscere punti di interesse e curiosità. Oppure, vi è mai capitato di scorrere il feed di questo social, scoprire un posto nuovo, innamorarvene e farlo diventare la successiva meta di viaggio?
Viviamo nell’epoca delle immagini a scapito della parola. Incentivati dalle nuove tecnologie, dagli smartphone e dalla fotografia digitale, siamo giunti alla democratizzazione della pratica fotografica, ovvero il fenomeno per cui la fotografia è diventata accessibile al pubblico più vasto, dovuto soprattutto alla facilità di acquisto e alla semplicità di utilizzo dei nuovi dispositivi, che hanno reso immediato a chiunque l’esercizio del clic.
Instagram soddisfa l’esigenza dell’essere umano di rappresentare, autorappresentarsi e comunicare attraverso le immagini (a volte anche eccessivamente) e, di conseguenza, per sua natura intrinseca, ha anche il potere di influenzare l’immagine collettiva di uno specifico luogo. Un utente che interagisce con le immagini di un posto che non conosce si crea automaticamente una impressione e una suggestione personale, provando, quindi, a livello inconscio, emozioni e sentimenti nei confronti proprio di quel luogo. Nella preistoria, ancor prima dell’invenzione della scrittura, gli uomini primitivi utilizzavano le immagini per raccontare il proprio vissuto e per lasciare traccia del loro passaggio e, con il susseguirsi delle epoche, si è continuato a dimostrare che le immagini rivestono un ruolo fondamentale in tutte le società umane.
Oggi, in comunicazione e marketing, ci riferiamo al concetto di Visual Appealing, ovvero qualcosa (o qualcuno) piacevolmente attraente alla vista, a tal punto che diventa perfetta per essere immortalata in una foto e condivisa su Instagram. In altre parole, stiamo parlando dell’Instagrammabilità, il fattore di condivisione specifico di questo social.
In generale, le immagini che si pubblicano su Instagram possiedono un alto potere seduttivo sugli utenti, capace di influenzare, ispirare e muovere le persone in tutto il mondo. La combinazione dell’esclusività di un Instagram Moment e il piacere visivo dell’Estetica social (o, più precisamente, “Estetica Instagram”) riesce a produrre un impatto sull’immaginario collettivo talmente forte in grado di generare engagement, lead e vendite in tutti i settori. Rimanendo dell’ambito del turismo, per le nuove generazioni, l’Instagrammabilità è diventata uno dei criteri di selezione per mete di viaggio, hotel, ristoranti, in quanto, oltre al prezzo, oggi si considerano anche gli aspetti più olistici, come l’esperienza e l’atmosfera.
E l’archeologia è estremamente instagrammabile.