Viaggiare lenti con la “Transiberiana d’Italia”, il treno storico di Fondazione FS e il più panoramico del Bel Paese

L’epoca della beata pazienza nella quale l’esperienza dell’attesa era un elemento di felicità sparisce a beneficio di una cultura dell’impazienza e della soddisfazione immediata dei desideri. Il piacere si vincola all’esperienza dell’istantaneo”, scrive Gilles Lipovetski, filosofo, scrittore e sociologo francese. A questa civiltà dell’iperistante, dell’attesa zero, del “quello che voglio, quando voglio e dove voglio” appartiene il turboconsumatore, che vuole tutto e subito.

Nella stragrande maggioranza dei casi, siamo turboconsumatori.

Il tempo è tutto, perché gli è stato attribuito un valore economico.

Viviamo nell’era “iper”: ipermoderna, iperveloce, ipertecnologica, iperconnessa, in cui ogni cosa è rapportata a questo tipo di ritmo: forsennato e incessante.

Immediatezza, velocità, facilità, semplificazione rappresentano le linee guida della rinnovazione tecnologica e del consumo che ora permeano tutti gli ambiti della vita: dagli affetti, alla cultura, alla politica, alla religione.

In questo contesto si riduce la capacità di attenzione e la facoltà di concentrazione. Un momento di inutilizzo di occhi o udito lascia un vuoto intollerabile nella coscienza, che rapidamente deve essere riempito. Estensione e profondità sono attitudini sempre più rare, soprattutto perché, oggi, non si desidera conoscere, ma solo passare un momento.

La calma e il silenzio, che, ad esempio, un buon libro o la contemplazione di un tramonto esigono, non si conciliano bene con il ritmo accelerato e con il rumore di fondo che caratterizzano e accompagnano le nostre vite moderne. È l’epoca della velocità, dell’uso immediato, dell’ottimizzazione, della produzione e ciò è inversamente proporzionale all’attenzione, alla ricerca interiore, alla riflessione, all’ascolto e alla formazione dell’identità personale.

Siamo figli di questi tempi. Sotto ogni punto di vista.

Viviamo in un’epoca nella quale viaggiare è diventato tanto accessibile quanto conveniente. Un weekend siamo a Londra, il seguente a Istanbul per una gita fuori porta. Preoccupa di più se abbiamo visitato tutti i punti segnati sulla guida, correndo da un’attrazione turistica all’altra, prendendo tre aerei in due settimane, riempiendo i profili social di foto dei luoghi visitati, piuttosto che trovare un tempo di qualità immersivo in quel nuovo ambiente. L’idea dominante è che bisogna raggiungere la massima quantità di luoghi e monumenti in un tempo molto stretto, altrimenti non si è visto nulla. Tuttavia, questa tendenza allo sfinimento ha come conseguenza il tornare a casa stanchi per ciò che si è visto, senza capire bene né il cosa né il perché. Di conseguenza, non si conosce la cultura, non si parla con i locali né si esplorano i luoghi tanto instagrammati. Qualcuno preferisce “non perdersi niente”, ovvero passare rapidamente per tutti i luoghi di interesse della to do list, invece di prendersi qualche giorno libero e dedicarli ad un posto specifico per conoscerlo meglio.

La domanda è: siamo sicuri che, per “non perderci niente”, alla fine non abbiamo perso tutto?

È sorto silenziosamente, come contraltare all’esaurimento di turisti e viaggiatori, un nuovo movimento: viaggiare lenti.

Il concetto di “lentezza” si sviluppò dal movimento Slow Food, che iniziò in Italia durante gli anni ’80, come protesta per l’apertura di McDonald’s a Roma. Lo scopo era preservare la cucina regionale, l’agricoltura locale e i metodi di cucina tradizionale, attraverso l’educazione consapevole dei turisti e dei residenti.

Se parliamo di “viaggi lenti” (o “slow travel”), ci riferiamo a quelli che priorizzano le connessioni: con le genti locali, le culture, le tradizioni, il cibo, l’arte, l’ambiente, la natura.

Foto: Costanzo D’Angelo. Abruzzo Winter Instameet – Sulmona – 2023

Definiamo il viaggio lento come una filosofia, una forma di pensare che rifiuta le idee tradizionali del turismo di massa e mordi-e-fuggi: si basa sull’idea che un viaggio deve essere un’esperienza immersiva e sostenibile, tanto per la comunità locale come per l’ambiente. Anziché provare a spremere e comprimere tanti luoghi d’interesse nello stesso viaggio ed in pochissimo tempo, il viaggiatore lento esplora ogni destinazione a fondo e vive in prima persona la cultura locale: così, diventa più importante conoscere maggiormente un’area piccola che vedere poco di molte zone diverse e rapidamente. Significa viaggiare senza fretta, abbassando il ritmo con il quale ci si muove e si pensa, trovando il modo di godersi luoghi e persone. È una delle alternative atte a contrastare il turismo di massa, per la quale l’aspetto centrale è la qualità del viaggio.

La tesi a sostegno dei viaggiatori che hanno abbracciato questa tendenza è tale: viaggiare e conoscere un paese significa apprezzare con calma le sue regioni, la sua cultura, la sua natura, la sua lingua e la sua gente; così come comprendere le tradizioni, forma di vita, gastronomia, prodotti.

Quello di cui si ha bisogno è un cambio di prospettiva e mentalità: abbandonare l’idea della quantità e scegliere sempre la qualità.

L’esperienza autentica passa per una conversazione con i locali a cui chiedere consigli (sono le migliori guide esistenti!), la realizzazione di un desiderio nel vivere un posto specifico sognato da tempo e poi lasciare tutto al caso nella scoperta del luogo. Viaggiare in bassa stagione: non solo favorirà il tuo portafoglio, ma anche quello della comunità locale, perché in questo modo l’economia può circolare durante tutto l’anno. È anche il modo migliore per entrare in connessione con gli abitanti del posto: meno turisti, più possibilità di conoscenze e conversazioni di qualità.

Il viaggiatore lento contribuisce alla difesa della biodiversità di un luogo: nelle tradizioni, nei costumi, nella gastronomia, nel folklore, nella natura e nella lingua. Punta a difendere e promuovere il turismo sostenibile, affinché l’ambiente non ne venga pregiudicato e il territorio ne benefici.

Viaggiare lento significa indiscutibilmente apprezzare il momento, dare valore alle piccole cose di ogni luogo, vedere e comprendere la vita dei locali, conoscerne la storia, capirne le origini e, magari, dare risposta anche a qualche perché. In generale, significa cambiare visione e, in questo processo, impariamo a conoscere anche di più noi stessi.

L’obiettivo non è accumulare timbri sul passaporto per vantarsene né per depennare una destinazione dalla tua lista dei luoghi da visitare entro una certa data, come se fossero un menù di un fast food. Al contrario, il viaggio lento ti anima a vedere di più muovendoti di meno, cercando la profondità e la vastità dell’esperienza, invece di rincorrere la massima distanza nel minor tempo possibile. È anche una rivoluzione dell’essere, perché la lentezza favorisce il tempo-ritmo adeguato alla riflessione, che spesso è la grande assente nella vita moderna.

Il viaggiatore lento rallenta, va a piedi, va in bici, in treno e per mare. Si riappropria di tempi umani che gli consentono di assaporare ogni momento, ogni luogo e ogni persona. In questo modo molti iniziano a vedere ciò che li circonda realmente e che non avevano mai visto prima. E così, si conosce di più la geografia, i borghi abbandonati, le ferrovie storiche, le montagne da superare, le frontiere chiuse, i paesi in guerra e gli oceani da attraversare. Con i mezzi lenti il mondo è più grande e ogni angolo ha qualcosa da raccontare e da lasciare nella memoria. Sugli autobus si incrociano i locali, sul treno si ammirano i paesaggi cambiare e le persone raccontare, le barche ci restituiscono il nostro spazio e la solitudine.

Foto: Luca Del Monaco. Abruzzo Winter Instameet – 15 gennaio 2023.

La Transiberiana d’Italia, la ferrovia storica abruzzese di Fondazione FS, considerata la tratta ferroviaria più panoramica del Bel Paese, permette tutto questo.

Un treno lento per scoprire o riscoprire l’Abruzzo più autentico, nel cuore degli Appennini. Un viaggio senza tempo a bordo di carrozze d’epoca, un mix tra transiberiana, treno di Hogwarts e Orient Express. Questa ferrovia si distingue per la sua valenza turistica e per le sue caratteristiche tecniche uniche: in alcuni tratti del suo percorso, arriva a toccare pendenze del 28% e, per questo, è considerata un capolavoro di ingegneria ferroviaria.

Dai finestrini scorre la natura integra di questa regione “forte e gentile”, un museo in movimento lungo le antiche vie della transumanza, tra i saliscendi di montagne e valli, per un totale di 128 km da Sulmona (AQ) a Isernia, anche se l’ultimo tratto molisano è ancora chiuso per lavori. Il treno storico attraversa viadotti ad archi di pietra serpeggiando tra il Parco della Majella, il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, la Riserva naturale di Collemeluccio e Montedimezzo.

È un’esperienza profondamente immersiva ed emozionale che diventa riduttiva descriverla a parole.

La Transiberiana d’Italia è soprattutto il racconto di un territorio e delle sue genti, nonché la custode di infinite storie.

Spesso, durante i viaggi, capita di ascoltare gli altri anche senza volere e chi viaggia lo sa bene. L’essere umano è bellezza, perché ciascuno è unico e irripetibile, come la storia di ognuno di noi. Questo non è un viaggio solo di interesse turistico, paesaggistico e culturale, ma è soprattutto legato alla vita umana, che altro non è che un viaggio, e alle storie che inevitabilmente porta con sé.

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