Da qualche settimana, Mark Zuckerber ha annunciato di modificare il nome di Facebook in “META”. Già nel 2015, stessa operazione fu avviata da Google che cambiò il nome della società che possedeva il motore di ricerca in “Alphabet”. Il motivo generale di questi cambiamenti è prima di tutto la volontà di allontanarsi dal servizio principale che ha portato la società stessa al successo, ma anche di liberarsi del lustro del successo ottenuto per poter avviare attività diverse da quella principale. Come per Google, anche il cambiamento che interesserà Facebook non avrà alcun impatto tecnico sul social network, se non nel nome della società “genitrice” che possiede – altresì – Instagram, Whatsapp e Oculus.

Facebook, nonostante sia ancora il social network più diffuso, non registra più la crescita dei suoi primissimi tempi. Per lo stesso abbiamo assistito a molte polemiche, dal trattamento dei dati, alla mancanza o al troppo eccesso di censura. Cambiare il nome in “META” significa liberare le aziende che fanno parte ora del gruppo di tutte quelle accezioni negative che la parola “Facebook” porta con sé. Ma perché proprio META? Prima di tutto il legame con la parola greca, poi il collegamento a “Metaverso”, un termine nato, nel 1992, dalla mente di Neal Stephenson in Snow Crash, un libro di fantascienza cyberpunk, descritto come una sorta di realtà virtuale condivisa tramite internet, dove si è rappresentati in tre dimensioni attraverso il proprio avatar. Stephenson descrive il Metaverso come un’immensa sfera nera di 65.536 km di circonferenza, tagliata in due all’altezza dell’equatore da una strada percorribile anche su di una monorotaia con 256 stazioni, ognuna a 256 km di distanza. Su questa sfera ogni persona può realizzare in 3D ciò che desidera, negozi, uffici, nightclub e altro, il tutto potenzialmente visitabile dagli utenti. Una realtà virtuale e parallela, un mondo nuovo. Una sorta di Matrix, nella sostanza. Nel futuro dovremmo immaginare un “Instagram by Meta”, “WhatsApp by Meta” e non più “by Facebook”. Pochi sono i cambiamenti tecnici, ma importanti sono quelli che si verificheranno a livello di brand con conseguenze anche sugli impliciti valori che si comunicheranno.

Cosa vuole allora comunicarci Mark Zuckerberg con la parola “metaverso”? “Il metaverso sarà il successore di Internet mobile. Saremo in grado di sentirci presenti come se fossimo proprio lì con le persone, non importa quanto siamo distanti. Saremo in grado di esprimerci in nuovi modi gioiosi e completamente immersivi”. Ha poi proseguito il CEO di Facebook: “Oggi siamo visti come una società di social media, ma nel nostro Dna siamo un’azienda che costruisce tecnologia per connettere le persone e il metaverso è la prossima frontiera, proprio come lo era il social networking quando abbiamo iniziato”. Il metaverso non dovrà limitarsi ad essere visto come un semplice social network, dovrà essere inteso come la versione più evoluta di Internet – dove è stato possibile far nascere piattaforme e siti di natura anche molto differente tra loro. M. Zuckerberg ha annunciato con “META”, per il momento, un investimento da 150 milioni di dollari in quello che definisce “apprendimento immersivo” per, cioè, “allenare la prossima generazione di creatori di contenuti”. M. Zuckerberg ha inoltre preannunciato che in futuro non servirà più un account Facebook per usare gli altri servizi di META, non facendolo scomparire ma rendendolo laterale alle strategie che lo stesso Zuckerberg si è prefissato per il futuro del suo gruppo.

La spinta al cambio di nome è chiaramente dovuta al fatto che Facebook non sarà più soltanto il suo principale social network, dovendo dare maggiore spazio di affermazione anche a WhatsApp, Instagram e Oculus, azienda specializzata in visori di realtà virtuale. Faranno parte di META i due social, Facebook e Instagram, oltre all’app di messaggistica istantanea WhatsApp e la divisione dei visori di realtà aumentata Oculus. Una parentesi la merita, poi, il logo di META, molto sfruttato in ambito tecnologico, visto che ricorda il simbolo dell’infinito, e con un font non tra i più innovativi. Sul logo, infatti, si sono già scatenate battute e polemiche, come quella (simpatica) della società Newsenselab per la sua app M-Sense, che ha affermato: “Siamo molto onorati che Facebook si sia sentito ispirato dal logo della nostra app per l’emicrania – forse si spireranno anche alle nostre procedure sulla privacy dei dati”.