Carnevale in tavola, con Igersitalia

@alepolo

Servizio a cura di Leonardo D’Imporzano (@igerslaspezia)

Restiamo in tema di Carnevale e se qualche giorno fa abbiamo parlato dei principali eventi, oggi parliamo della tavola e dei dolci tipici di questa festa, delle loro versioni regionali, spesso con solita forma e ricetta. ma con nomi diversi.

Crostoli o grostoli ferraresi. Foto di @morenaemme
Crostoli o grostoli ferraresi. Foto di @morenaemme

È l’esempio di un dolce antichissimo, conosciuto sin dal tempo dei romani e chiamato allora “frictilia” costituito da sola farina cotta nel grasso di maiale. Oggi questi dolci, non più cotti nel grasso, sono noti come come “Bugie” nel basso Piemonte e nella Liguria di Ponente, “Cenci” nella Toscana, “Chiacchiere” nello spezzino, nell’Umbria e nella Puglia, “Cioffe” in Abruzzo, “Frappe” a Roma, ma tutte composte da farina e fritte con una spruzzata di zucchero a velo. Nel ferrarese si chiamano crostoli o grostoli e sono talvolta ancora fritti nello strutto, il grasso di maiale.

Strufoli. Foto de @ilcacciatorecortona
Strufoli. Foto de @ilcacciatorecortona

Ci sono poi le “Castagnole”, un dolce diffuso in tutta Italia, soprattutto lungo la dorsale degli Appennini, partendo dalla Liguria, passando per l’Emilia-Romagna, le Marche, il Lazio e l’Umbria, conosciute invece come “Strufoli” nella Lombardia e nel Veneto. Gli ingredienti? Uova, zucchero, farina e burro, compattati a forma di pallina e fritti in olio bollente. Se pensate che la ricetta che prevede la cottura al forno sia una rivisitazione moderna come variante “dietetica” vi sbagliate di grosso: nell’archivio di Stato di Viterbo un documento attesta ben 4 ricette per gli strufoli, comprendendo la versione con la crema, con la panna e ovviamente la versione al forno.

Abbiamo quindi i “Limoncini”, diffusissimi nelle famiglie marchigiane, preparati con uova, farina, burro, latte, lievito di birra e ovviamente con i limoni, la cui pasta, una volta pronta, viene arrotolata e tagliata a fette, ottenendo delle “girelle” che poi sono fritte e passate nel miele. Ne esiste una seconda versione altrettanto “ghiottosa” nella quale al posto dei limoni vi sono le arance.

Origliette. Foto di @ale_mannu
Origliette. Foto di @ale_mannu

In Sardegna troviamo le “Origliette” la cui base di preparazione è identica a quella delle “chiacchiere”, ma dopo essere state racchiuse a treccia e fritte, vengono ripassate nel miele ed è aggiunta la scorza d’arancio. O ancora gli “Acciuleddi”, tipici della Gallura, fatti con metà farina di semola e metà 00, zucchero, burro, un goccio di vino dolce. La particolarità viene dalla forma: dopo averli fatti riposare vengono avvolti in “doppio torciglione” prima di friggerli e ricoprili di miele e di zuccherini colorati. Dalla Sicilia, terra dalla grande tradizione dolciaria, arriva invece la “Pignolata” a base di miele e  ricoperta di zuccherini colorati che ricordano i coriandoli di carnevale, la cui tradizione vuole che vengano serviti su un letto di foglie di limone. Poteva esserci una versione “speciale”? Certo, quella messinese si differenzia dal resto della Sicilia per la sua versione con la glassa di cioccolata.

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