CasaInstagram: il valore di Iconosquare è inferiore al mio

Servizio a cura di Andrea Antoni (@stailuan)

#CasaInstagram perché ci sentiamo come a casa. È una rubrica che nasce per raccontarci, per prenderci in giro, per metterci a nudo, per girare in mutande proprio come faremmo dentro casa nostra! Insomma, #CasaInstagram, una rubrica senza veli.

Iconosquare è diventata a pagamento.
Ed è subito sera.

iconosquareAnzi è notte fonda, sia per Iconosquare che per gli Instagramers 2.0.
Se fino a ieri questo graditissimo servizio di analytics per Instagram era spettacolare, indispensabile e assolutamente il migliore, diventando a pagamento si è tramutato istantaneamente in una cosa inutile, gretta e quasi volgare.

Perché l’Instagramer 2.0 non paga nulla, cioè insomma “l’internet è di tutti, l’internet è gratis”.

Poi se vuoi che pubblichi una foto dove in qualche modo pubblicizza un tuo prodotto, un tuo territorio o un tuo qualcosa ti chiederà dei soldi chiaramente (ma ora si chiama “fee” che fa più moderno e meno meschino), e se tu gli risponderai “ciaone” si lamenterà del fatto sulla sua bacheca facebook (visibile solo agli amici). Perché l’Internet è gratis mentre lui no, in quanto i suoi prodotti sono unici, personali e assolutamente inimitabili.
Ma come ti sei permesso?
Poi che magari venga invitato a un tour su Marte e anziché pubblicare uno splendido panorama che mostri effettivamente il luogo (perché lsarebbe lì per pubblicizzare il territorio), si faccia un #fromwhereistand dei piedi sulla sabbia non ha importanza. Una foto talmente unica per la promozione del luogo, che avrebbe potuto benissimo scattarla anche nella lettiera del gatto, ma con quella e il geotag sarà a posto. E se tu gli proverai a dire “sì, ma guarda che abbiamo usato l’Apollo25 per portarti fino a qui, pubblica almeno una seconda foto”, sarà la tua fine. Scleri a manetta sul fatto che lui pubblica una foto ogni due giorni, che sennò i suoi follower si stufano e lo defollowano, che lui sa come gestire la sua timeline e i contenuti del suo stream.
E poi lui non pubblica mica panorami, quelli sono fuori dal suo core-business. Ah perché ne ha uno? Ma chiaro che no, però fa molto figo farlo credere.
Continuando nella finzione farà finta di non sapere che ormai le persone gli mettono i like non perché amano le sue foto, ma perché aspettano di essere ricambiati in tale atto.
Perché ormai è tutta questione di like, di conseguenza il “mi piace” è stato banalizzato all’ennesima potenza e non ha più alcun effettivo valore.
E se lo farai incazzare particolarmente si metterà a implementare il suo #fromwhereistand con ennemila oggettini che aveva in borsa, disponendoli tutti in ordine maniacale sempre sul suolo marziano (vicino ai piedi) per realizzare un #thingsorganizedneatly. E tu, e i componenti del gruppo, rimarrete li ad aspettarlo una buona trentina di minuti, se vi va bene. Perché le foto condivise ormai sono talmente uniche e irripetibili che più che condividere emozioni si condividono immagini iconografiche, standard, viste e riviste sempre uguali. Perché stereotipo significa accettazione da parte della massa, e la massa vuol dire like.
Che poi “condividere” significa “spartire assieme agli altri” e un Instagramer 2.0 invece vuole solo ottenere la gloria per sé e buona notte al secchio.
La condivisione è morta, cambiate il termine, e prossimamente lo sarà anche Iconosquare che -in realtà- ha scelto di avere dei prezzi veramente molto alti per l’utente medio che lo utilizzava.
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