Chef stellati e la comunicazione ai tempi del covid-19

niko-romito-cartelli-instagram-covid19

Son giorni tristi quelli che viviamo. Chi ha la fortuna di stare a casa e di non vivere l’emergenza in prima linea o in prima persona, si affida chi al lavoro da casa, chi alla lettura, chi all’ozio e chi alla cucina. Ci siam riscoperti un popolo di panificatori: dati statistici rilevano che i beni più acquistati al supermercato sono farina e lievito di birra, andati letteralmente a ruba, chi li ha in casa li custodisce come fossero oro, chi non li ha ne attende il ritorno sugli scaffali per poi saccheggiarli come fossero Forni delle Grucce di manzoniana memoria; i più temerari, invece, si affidano ai tutorial per produrre lievito in casa. Badate bene, non vi forniremo ricette per produrre lievito in casa, nulla di tutto ciò. Chi vi scrive ha messo al sicuro nel proprio frigo circa un dieci panetti di lievito in tempi non sospetti (per scambio scrivetemi in privato, no perditempo).

Allo stesso modo gli chef stellati han chiuso, momentaneamente, le cucine dei loro ristoranti e hanno aperto le cucine delle loro case al proprio pubblico social. E a tal proposito ci chiediamo come sia cambiata la comunicazione in tempi di Covid-19 per cuochi, abili artefici di manicaretti e al tempo stesso sopraffini comunicatori televisivi e da social media.

Fino a qualche settimana, fa la loro comunicazione era incentrata su una narrazione atta a farci intendere che dietro ogni singolo piatto non ci fosse solo scuola di cucina e tanta esperienza, ma un vero e proprio fare sistema in un’azienda complessa, costruita in anni ed anni di lavoro. Dalla scelta della materia prima all’individuazione del quartiere in cui aprire il prossimo ristorante, nulla è lasciato al caso, una filiera trasversale che parte dalla terra brulla coltivata per giungere al marketing. E la comunicazione gioca un ruolo essenziale in tutto ciò, la stessa comunicazione che ora segue i tempi e cambia, dal commiato per la chiusura obbligata dei propri ristoranti al ritorno all’essenzialità della cucina nel riscoprire l’intimità dei propri spazi domestici. Vediamone alcuni nel dettaglio:

Antonino Cannavacciuolo, l’uomo delle pacche, degli spaghetti sciuè sciuè che sei subito a Napoli, ci regala due post su due ricette napoletane di due dei miei piatti preferiti, il ragù di polpo, che quando umilmente provo a replicarlo a casa mi ritrovo la cucina piena di schizzi che pare di essere a Pompei anno domini 79, e il ragù napoletano. Cannavacciuolo lo fa con le sole costatine di maiale, come dire, preparo il minestrone con solo le patate. No Antonino, io ti amo, ma il ragù napoletano lo voglio zeppo di carni, zeppo come un semaforo di Nuova Delhi ora di punta, pressapoco come lo faceva la Loren in “Sabato Domenica e Lunedì” che in fila dal macellaio disquisiva con la signora di Afragola: ” ‘nu kilo d’annecchia, ‘nu kilo e miezz ‘e spiezzatin, tracchie e locena, punta ‘e natica, spalla, due nervi, fianchetti e corazza”, olè!

Niko Romito, lui così controcorrente che schiva programmi televisivi come io schivo la bilancia, non ci da ricette su come fare il polpettone in quarantena o come cuocere le stelline in brodo per lenire le nostre tristi serate, nulla di tutto ciò. Ma gli si perdona tutto, solo per questi cartelli fighissimi stile @dudewithsign e per aver toccato il nirvana col suo pollo fritto.

View this post on Instagram

#sabatopolpettone #iorestoacasa #sorriso

A post shared by Niko Romito (@nikoromito) on

Bruno Barbieri, dopo aver inserito la parola “mappazzone” nel dizionario, dalla sua cucina bolognese ci sforna piatti degni del suo stile dalle ore 6:30 del mattino, ora in cui si alza e inizia la sua giornata in casa col suo personale frullato ai sentori di rosa, per passare poi al pranzo e alla cena con risotto, minestra di porri e patate e tagliatelle allo squacquerone, con una perfezione quasi maniacale che ogni volta mi chiedo se fosse lui a preparare i cestini di muffin di Bree Van de Kamp in Desperate Housewives.

Iginio Massari, come una crème brulée, duro all’esterno come il caramello passato al cannello, ma morbido e soave all’interno come crema pasticcera alla vaniglia. Con l’aiuto della figlia Debora apre le porte del suo laboratorio di pasticceria di Brescia e ci regala due live su facebook: biscotti al burro che solo a vederli ho messo su tre etti, e le sue zeppole nel giorno di San Giuseppe. Grazie maestro, non vediamo l’ora di vederla di nuovo blastare i concorrenti di Masterchef.

Zeppole di San Giuseppe al forno

Pubblicato da Iginio Massari su Giovedì 19 marzo 2020

Massimo Bottura, l’uomo che può tutto, financo permettersi di servire i tortellini in crema di parmigiano, e non in brodo come liturgia culinaria insegna, o come noi ex universitari blasfemi con panna e prosciutto cotto a dadini, l’abbiamo fatto tutti, espiamo le nostre colpe, ebbene anche Bottura ci apre le porte della sua cucina e propone quotidianamente la rubrica “Kitchen Quarantine“. Dalla semplice besciamella all’hummus passando per la  classica ricetta svuotafrigo, zucchine, carote e quant’altro tutto in padella.

Moreno Cedroni, l’uomo capace di cullare in riva al mare col fragore delle onde nella baia di Portonovo, porta la salsedine tra le sue mura e ci dona dei tagliolini ai cannelli, e le mazzancolle avvolte nel guanciale su zuppa di lenticchie che quasi quasi provo a farle stasera (non ho le mazzancolle, non ho il guanciale, ok mangerò solo le lenticchie).

View this post on Instagram

#lacucinasalveràilmondo #morenocedroni

A post shared by Moreno Cedroni (@morenocedroni) on

Tutti i cuochi citati ci insegnano che la cucina verte su una minimizzazione degli sprechi e al recupero degli avanzi, in epoca di emergenza come questa poi, il legame con la solidarietà si fa sempre più saldo.

Moltissime le iniziative di chef stellati e non che in questi giorni danno il loro sostegno a chi combatte la malattia e chi è in seria difficoltà economica. Le iniziative intraprese sono molte e non le conosciamo tutte, perché il bello della solidarietà è che per quel poco che ce ne giunge a conoscenza ce n’è altrettanta che resta nel sommerso.

E tutto ciò sembra straordinario, ma non per chi conosce la cucina. Da Cracco che cucina per gli operai che allestiscono l’ospedale da campo a Fiera di Milano, fino a Caserta dove Rosanna Marziale e Franco Pepe sfornano pizze e raccolgono fondi per l’ospedale della zona, al loro corregionale Sal De Riso che raccoglie fondi per gli ospedali campani tramite la vendita delle sue colombe pasquali, e poi Bergamo, area devastata dall’emergenza, dove la famiglia Cerea sfama l’ospedale da campo della città, per non dimenticare Roma dove una brigata di nomi eccellenti prepara i pasti per tutto il personale dell’ospedale Spallanzani. E queste, ricordiamolo, sono solo alcune.

Non ci resta che buttarci in questo mare immenso di solidarietà, restare a casa, cucinare e abbracciare lo slogan che ci accompagnerà per la fine dell’emergenza: #andràtuttostretto, perché ne usciremo, rotolando, e dal divano torneremo finalmente a correre, l’importante sarà non farci raggiungere dai carboidrati, perché si sa, son più veloci di una pacca di Cannavacciuolo. 

Tagged: