Il termine selfie, coniato solo nel 2005 ed entrato a far parte dell’Oxford Dictionary come parola dell’anno nel 2013, (fotografia fatta a se stessi, solitamente scattata con uno smartphone o una webcam e poi condivisa sui social network), in realtà affonda le sue radici nell’autoritratto fotografico.

Il primo autoritratto fotografico, che oggi avrebbe avuto tutte le caratteristiche per essere un selfie, risale ai primi del XX secolo, quando la tredicenne granduchessa russa Anastasia Nikolaevna, figlia dello Zar Nicola II, posizionandosi davanti allo specchio scattò una foto a se stessa con la sua Kodak Brownie e la inviò a un amico. Nella lettera che accompagnava la fotografia, scrisse:
“Ho scattato questa foto di me stessa guardando allo specchio. Era molto difficile perché le mie mani tremavano”.
Analizzando le azioni che seguirono lo scatto della foto, ci torna subito in mente l’atto della condivisione che effettuiamo ormai automaticamente quando postiamo una foto su Instagram. La duchessina, infatti, seppur in maniera romantica, non fece altro che scattare e condividere l’immagine con un amico, proprio come farebbe oggi una sua coetanea su Instagram.
Nel corso della storia, molti sono stati gli artisti che si sono confrontati con se stessi mettendosi in gioco attraverso l’elaborazione di autoritratti. Dall’età preromanica, in cui gli amanuensi inserivano la propria immagine sui codici miniati, al Rinascimento, periodo durante il quale si riscopre l’importanza dell’individuo e si rivaluta il ruolo dell’artista. In questo stesso periodo storico ricordiamo la nascita dello specchio piatto che consentirà agli artisti, grazie all’immagine riflessa, di esaminare le proprie fattezze. A tal proposito ricordiamo l’autoritratto di Durer del 1500: l’artista, impostato in modo rigido e frontale rispetto all’osservatore, si rappresenta nelle sembianze di Cristo.
In Italia l’autoritratto cinquecentesco si trasformerà presto in un vero e proprio manifesto autopromozionale: molti artisti doneranno a uomini illustri, amici e committenti, i propri autoritratti per promuoversi. Si ricordi il giovane Parmigianino che giunto a Roma donò a Papa Clemente VII il suo celebre Autoritratto allo specchio, per farsi conoscere e stimolare commissioni.
Ma è con Rembrandt che nasce la concezione dell’autoritratto come strumento d’indagine per la ricerca interiore: l’artista focalizzerà la sua attenzione sul busto, il volto, gli occhi e la sottile aura malinconica che da essi emana.
Più in generale, seguendo un’analisi strettamente psicologica, potremmo affermare che l’autoritratto non è altro che lo strumento attraverso il quale l’uomo partendo dalla propria immagine analizza se stesso quindi la propria interiorità. La realizzazione di un autoritratto, che sia pittorico o fotografico, diviene una sorta di esplorazione del privato e di sentimenti espressi attraverso il corpo e più in particolare attraverso una smorfia, uno sguardo, un gesto. A tal proposito, una grande pittrice del Novecento, Frida Khalo, che spesso amava rappesentarsi, disse:
“Dal momento che i miei soggetti sono sempre stati le mie sensazioni, i miei stati mentali e le reazioni profonde che la vita è andata producendo in me, ho di frequente oggettivato tutto questo in immagini di me stessa, che erano la cosa più sincera e reale che io potessi fare per esprimere ciò che sentivo dentro e fuori di me”.
Nei primi due decenni del secondo dopoguerra, l’autoritratto scompare dalla scena pittorica per fare il suo ingresso nel mondo della fotografia. I pennelli lasciano campo libero alle macchine fotografiche. Si moltiplicano così gli autoritratti fotografici di pittori, attori, registi e showgirl.
Oggi, a dominare la scena dell’autoritratto è sicuramente il selfie, trend diffusissimo nei social network, una vera ossessione che coinvolge gente comune, creativi, teenager, e celebrity. Attraverso uno smartphone il soggetto, con la fugacità di un istante, cattura il proprio mondo interiore diventando espressione del narcisismo puro, esternandolo al mondo dell’etere attraverso la condivisione. Le foto condivise su Instagram con l’hashtag #selfie sono circa 94,640,915.
Considerato una nuova forma di edonismo, va detto che il selfie è diventato motivo di studio per molti esperti di sociologia, tanto che la sociologa americana Alice Marwick afferma:
“I social media educano gli utenti alla pubblicizzazione del proprio sé, alla manutenzione della propria reputazione digitale attraverso tecniche di auto-promozione e micro-celebrità. Strategie che spingono gli utenti a pensare se stessi in termini di brand da promuovere e controllare, attraverso la creazione sui social media di una versione elettronica del proprio sé strettamente editata e controllata”.
Negli ultimi tempi il selfie ha attratto a sé anche la sfera degli artisti contemporanei. Risale a ottobre 2013 la mostra National #Selfie Portrait Gallery, presentata al Moving Image, fiera d’arte di Londra specializzata in video arte: il progetto ideato da due giovani curatori, Kyle Chayka e Marina Galperina, metteva insieme brevi video di 30 secondi realizzati per l’occasione da 19 artisti internazionali.
Non meno importante il progetto del fotografo americano Patrick Specchi che, a dicembre 2013, ha invitato i visitatori della sua mostra a entrare in un ascensore di un condominio di Brooklyn e scendere fino al seminterrato. All’apertura delle porte, un grande specchio accoglieva il pubblico, invitandolo a scattarsi un selfie con una macchina fotografica, proprio nell’atto di specchiarsi. Gli scatti prodotti sono diventati così oggetto della mostra “Art in traslation: selfie, the 20/20 eperience” esposta con successo al MOMA di New York.
Che sia artistico o meno, dunque, oggi il selfie rappresenta il mezzo creativo più democratico a disposizione per trasmettere un pensiero, uno stato d’animo, una condizione sociale. Un’autorappresentazione di sé che talvolta trascende in performance di dubbio gusto. Cercate #sellotape /#sellotapeselfie o #aftersex /#aftersexselfie su Instagram per avere un’idea, mentre se volete sapere in quali città si scatta il maggior numero di selfie, ecco una mappa pubblicata dal Time.