E se un vostro selfie su Instagram fosse venduto per 100.000$? L’appropriation art di Richard Prince

Foto di @gagosiangallery

Pubblichi un selfie su Instagram e un bel giorno @richardprince1234 lo commenta con una battuta da vero troll? Fai attenzione, perché significa che potresti essere protagonista della prossima esposizione dell’artista Richard Prince!
Questo è quello che è accaduto a 38 persone con un profilo su Instagram: hanno trovato un commento caustico sotto una loro foto e poco tempo dopo hanno saputo che uno screenshot grande 1,2×1,65 metri era in esposizione per una serie intitolata “New Portraits” alla fiera d’arte Frieze di New York (@friezeartfair). Senza alcun consenso.
Richard Prince e il suo gallerista Gagosian (@gagosiangallery) hanno poi messo in vendita le opere per un valore minimo di 90.000$. Sia chiaro: i soldi non vanno all’Instagramer, vanno all’artista.

Come è possibile?
Prince in realtà non è nuovo a questa pratica. È noto nel mondo artistico per prendere il lavoro di altre persone, “appropriarsene” come se fosse suo, apportando alcuni cambiamenti, per poi rivenderlo. E nelle foto rivendute di Instagram l’ultimo commento è sempre il suo: ha lui l’ultima parola.
In passato il fotografo Patrick Cariou ha provato ad agire in giudizio contro di lui, riscuotendo un successo legale temporaneo. Al primo ricorso in appello di Prince, infatti, le sue opere sono state valutate dai giudici come rientranti nella sfera del fair use.

Il fair use (in italiano, uso o utilizzo leale, equo o corretto) è una disposizione legislativa dell’ordinamento giuridico degli Stati Uniti d’America, in base al quale si stabilisce, sotto alcune condizioni, la liceità della citazione non autorizzata, o l’incorporazione non autorizzata, di materiale protetto da copyright nell’opera di un altro autore. [Wikipedia]

Il testo di legge americano che regolamenta il diritto d’autore, il Copyright Act del 1976, stabilisce infatti che l’opera successiva, per rientrare così nell’accezione di fair use, debba essere un commento dell’opera che ha subito l’appropriazione.
In questo modo l’opera acquisisce un nuovo valore e quindi un nuovo copyright.
Il nuovo significato estetico e ideologico dell’opera successiva è stato considerato dai giudici americani una ragione sufficiente per essere considerato piena libertà di espressione. Ed ecco come nasce una nuova corrente artistica: l’Appropriation Art.

Foto di @theartmarket_ca
Foto di @theartmarket_ca

Come hanno accolto questo attacco d’arte i 38 fotografi?

Esemplare l’azione di Selena Mooney, fondatrice del brand Suicide Girl (@suicidegirl), uno degli account che si sono visti “rubare” il selfie. Con una pronta contromossa hanno risposto su Instagram al commento di @richardprince1234, hanno salvato uno screenshot e l’hanno stampato su una tela delle stesse dimensioni di quelle di Prince. L’hanno venduta per dare il ricavato in beneficenza alla Electronic Frontier Foundation, una organizzazione noprofit che si occupa di tecnologia.

 

 

 

La Appropriation Art (o Appropriazionismo o Citazionismo) trova legali disposti a sostenerla anche in Italia.

Nel 2013, infatti, una decisione del Tribunale di Milano a proposito dell’uso da parte di John Baldessari di una forma scultorea con riferimento evidente alle inconfondibili silhouette di Alberto Giacometti, dice che se l’opera appropriante ha veramente un’autonoma e forte creatività perché trasmette un messaggio nuovo e del tutto proprio, l’uso di tale opera altrui non è illecito.

Ma lasciamo a Prince, il vero “principe” di questa forma d’arte, l’ultima parola anche in questo articolo, a commento di tutta la questione, riportando una sua citazione:

“I don’t see any difference now between what I collect and what I make”

 

 

In copertina: foto di @gagosiangallery

 

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