È severamente vietato fotografare al museo!

@candid81
@candid81 Palazzo Reale, Andy Warhol

Correva l’anno 1962 e la testata giornalistica Paese Sera intitolava un suo articolo così: “È proprio giusto proibire di fotografare nei musei?”.

Nel 2014, dopo oltre cinquant’anni, nel Bel Paese, che detiene un immenso patrimonio culturale e un forte senso artistico, fotografare al museo è ancora vietato!

Eseguire riprese fotografiche professionali e/o amatoriali di beni culturali di proprietà dello Stato, quindi Soprintendenze, Regioni, ed enti pubblici territoriali, è un’operazione che richiede il rilascio di un’autorizzazione (articolo 107 del Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42); mentre se il bene di interesse culturale è di proprietà privata l’autorizzazione alla ripresa resta a discrezione del proprietario del bene stesso.

Quindi gli scatti a tutti i beni riconosciuti dal codice dei beni culturali e del paesaggio devono essere autorizzati dal Capo d’Istituto a cui il bene è in custodia e non comportano nessun pagamento, ciò significa che in realtà è vietato fotografare quando questa azione ha un fine commerciale e quindi genera materiale fotografico tale da poter essere rivenduto sotto forma di cartoline, immagini per cataloghi e libri andando così a contrastare il mercato dei bookshop. La materia, però, nonostante sia disciplinata dal codice, resta comunque complessa e controversa tanto da essere diventata oggetto di un’interrogazione parlamentare pubblicata il 12 novembre 2007 (seduta n.240 interrogazione n.4 04417).

Questi obsoleti divieti, non solo risultano anacronistici, ma rallentano una società frenetica, in continuo movimento che ormai condivide sui social network e comunica attraverso gli stessi. In questo momento storico, in cui il turista è sempre più social e sempre più propenso a condividere la propria esperienza di visita al museo, fondamentale sarebbe abbattere la gestione conservatrice dei musei.

Se con il codice si tutela il diritto d’autore, le opere e le esigenze economiche dei servizi aggiuntivi di un museo, sarebbe forse opportuno tutelare anche la libertà di ogni singolo fruitore, che, trovandosi a vivere un’esperienza emozionale di fronte a un’opera d’arte, avverte il piacere di bloccare quel momento, unico e irripetibile, con una fotografia, magari condividendola via etere. A tal proposito, ricordiamo la protesta del 2010 dei sindacati dei custodi del Louvre, i quali, esausti, sostenevano che l’impellente bisogno dei turisti di fotografare la Gioconda nasceva esclusivamente dalla volontà di portare a casa il ricordo di una delle opere più famose al mondo.

Torniamo in Italia per parlare della più recente protesta dei musei di Firenze che hanno espressamente richiesto al Ministero dei beni Culturali l’abolizione del divieto di fotografare al museo, cercando di andare incontro al fruitore tecnologico e quindi aprirsi a nuovi modi di rendere fruibile l’arte. A dicembre 2013 sono quindi partiti con una sperimentazione alle Gallerie dell’Accademia: per una decina di giorni i visitatori hanno potuto fotografare con tablet e smartphone le opere d’arte presenti all’interno.

Inoltre, non vanno dimenticate le Invasioni Digitali, un grande progetto che ormai tutti conoscono, rivolto a diffondere la cultura digitale, che crede nelle nuove forme di divulgazione del patrimonio artistico e in un nuovo rapporto tra fruitore e museo.
Gli “invasori” credono, inoltre, che internet e i social media siano una grande opportunità per la comunicazione culturale: un nuovo modo per coinvolgere più soggetti, abbattere ogni tipo di barriera e favorire la fruizione, la valorizzazione e la condivisione del patrimonio culturale italiano. Dal 24 aprile al 4 maggio 2014 in tutta Italia numerose saranno le invasioni digitali organizzate in luoghi d’arte.

A vivacizzare la scena non potevano mancare le community degli Instagramers che, muniti di smartphone, hanno aperto la strada alla fruizione di musei attraverso la fotografia mobile su Instagram, ottimo strumento di condivisione e comunicazione visiva. Diversi i progetti che hanno dato modo agli Instagramers di fotografare al museo. Tra questi ricordiamo  la visita in anteprima della mostra “La Ragazza con l’Orecchino di Perla”, cui hanno partecipato, con smartphone alla mano, il team di @igersbologna e diversi blogger e influencer, e un’esclusiva visita privata riservata ai soli Igers milanesi alla mostra di Andy Warhol tenutasi a Milano lo scorso novembre.

Nel nostro Paese c’è grande fermento in materia, ma quello che realmente manca e che ci auguriamo venga fatto al più presto come segno di crescita sociale e culturale, è un intervento legislativo che liberalizzi la riproducibilità fotografica dei beni culturali per finalità di ricerca e documentazione al fine di garantirne la libera circolazione e la fruizione stessa del bene pubblico.

 

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