Fenomenologia dell’Arte sui social

"Ars Excavandi" - ph Roberta Giuliano (Matera, 2019)

Una domanda attanaglia molti: ci abitueremo mai?
A caldo la probabile risposta è no, seppur tante cose siano mutate (in meglio o in peggio starà ai posteri stabilirlo).

Questa pandemia, che nessuno aveva immaginato si sarebbe prolungata così tanto, ci ha però insegnato che la vita reale non potrà mai essere sostituita completamente dall’esistenza virtuale. “Sostituita completamente” però, perché i due mondi è evidente che invece siano già integrati e interconnessi tra loro.

Avendo dovuto riversare molte speranze e molte ambizioni nello sconfinato mare del World Wide Web, gran parte dell’attenzione, dell’attrazione e dell’ambizione personale hanno trovato un luogo abitabile in Internet che, con un piede sull’acceleratore, ha velocizzato i processi di accettazione di questo ormai imprescindibile modus vivendi.

Tutti condividiamo di tutto: dal caffè di buon mattino, all’ultima lettura; dall’outfit da smart working al working out; dal pranzo della domenica alla camminata in solitaria, fino alle proprie passioni. Tutta questa vita spesso viene riversata nei feed e nelle stories di Instagram, la piattaforma social dove oggi ci siamo accampati per vedere che effetto fa la vita oltre le nostre quattro mura; e dove – che si ammetta oppure no – anche i più duri e puri della prim’ora ormai si lasciano accarezzare dalla lusinga di sentirsi parte di una immensa e grande community di narratori del digitale.

“Communities”. Piccole o grandi che siano, chiunque cerca di costruirne una o di sentirsi parte di altre, anche quando non si fa caso alla cosa. Ma, proprio come nella vita reale, ce ne sono alcune che, seppur siano state considerate quasi come condannate a rimanere inespugnabili, hanno subito una spinta grazie proprio alla grande velocità con cui i contenuti viaggiano nella sezione “esplora”. E con cui ognuno decide poi di entrarci in contatto.

Vero è che qualsiasi social media legge e conosce e propone suggerimenti agli utenti attraverso quelle che sono manifeste espressioni di gusto e affinità con gli argomenti consultati o esposti, ma spesso l’approccio attivo e passivo che ne facciamo deriva anche dal cambiamento con cui certi linguaggi e certi ambiti hanno deciso di mettersi in mostra. E “mettersi in mostra” è proprio l’espressione giusta se parliamo di Arte su Instagram.

Facendo riferimento a molto dell’accaduto in questi mesi, pare che la forza dei social applicata alla materia artistica si stia manifestando in modi differenti, che oscillano tra il mercato dell’arte (riservato a pochi) e – si prenda come un eufemismo – l’arte “a buon mercato” (di tutti, ma forse ancora non per tutti). Strade che, però, s’incrociano e confluiscono nella grande piazza dell’aulica autorevolezza di cui l’Arte stessa è da sempre pregna.

Una recente ricerca de Il Sole 24 ore ha messo in luce come, rispetto a settori quali il beauty e la moda che fanno dell’Influencer Marketing la propria leva di notorietà e guadagno su Instagram, non ci sia invece “Nessun mercimonio tra l’arte e i social media, che replicano il mondo reale assegnando autorevolezza a chi ce l’ha già” (fonte https://www.ilsole24ore.com/art/curatori-e-artisti-influencer-instagram-AD3lMX4?refresh_ce=1). I maggiori testimonial, infatti, pare rimangano ancora artisti, curatori e art advisor (come Hans Ulrich Obrist, Klaus Biesenbach, Thelma Golden, Cindy Sherman, Simone Leigh, Simon de Pury, Jeanne Greenberg Rohatyn di Salon94) accreditati nel mondo reale e che qui hanno costruito e affermato la propria fama di creatori o esperti d’arte, non certo sui social per portare in quotazione cuoricini ricevuti o numero dei follower. Tutti nomi eccellenti nel panorama dell’arte contemporanea internazionale che oggi si fanno veicolo di una comunicazione che, pur adattandosi ai tempi, tende a interessare ancora una nicchia di appassionati che badano alla qualità dei contenuti e non alla quantità dei numeri social.

(credits: @salon94)

Ma c’è un altro aspetto davvero molto interessante che sta emergendo e che porta alcune considerazioni sulla potenzialità che Instagram può avere non solo in questo preciso momento storico-pandemico, ma più in generale.

Sempre nell’articolo de Il Sole 24 ore, infatti, si fa riferimento anche al caso di Brett Gorvy, gallerista che ha dichiarato di aver venduto un Basquiat nel 2016 a un prezzo davvero esorbitante se paragonato ai soliti acquisti social d’impulso, “semplicemente” dopo averlo postato sul suo profilo. O, ancora, si parla anche del collezionista Gary Yeh con @artdrunk o di Christian Luiten Curtis Penning con @avant.arte che lavorano su community molto più sostanziose (rispetto alla media) in termini numerici e che, proponendo pezzi ed edizioni di tutto rispetto, ma a prezzi molto più contenuti, stanno formando una nuova generazione di collezionisti.

(credits: @avant.arte)

C’è quindi una volontà di avvicinare un pubblico più vasto al settore dell’arte e a quello del mercato d’arte attraverso Instagram? A quanto pare, sembra proprio di sì.

Spostandoci in Italia, qui abbiamo già trattato il caso di onstreamgallery, per esempio. Una galleria d’arte che si sta occupando non solo di dare spazio ad artisti emergenti, ma anche di avvicinare nuovi e giovanissimi appassionati al concetto di “arte per tutti”, con opere uniche e d’avanguardia acquistabili a costi davvero molto sostenibili.

Tra le diverse iniziative già proposte, una di particolare interesse e che dà dimostrazione della potenza delle community Instagram è stata la mostra #areweallconnected. Chiunque avesse fatto propria una delle farfalle di carta di Bruno Cerasi, opera rappresentativa e dal forte significato simbolico di questo artista, ha avuto la possibilità di essere coinvolto in prima persona in una sorta di allestimento e poi esposizione collettiva, costruiti sulla base dei geotag inseriti nei post pubblicati su Instagram dagli utenti partecipi. Quello che ne è risultato è stata una grande mappa europea dove ogni sito geolocalizzato è diventato una delle centinaia di sedi di questa mostra virtuale poi trasformatasi in “AWAC”, opera d’arte a firma dello stesso Bruno Cerasi che ha unito sotto lo stesso cielo e in un’unica Costellazione d’Artista tutti i luoghi speciali indicati dagli utenti e sui cui è volato l’origami d’arte.

(credits: @onstreamgallery)

Ma se ci spostiamo dal mercato dell’arte (che pur sta muovendo passi da gigante nei meandri di Internet per allargare l’interesse intorno a sé), alla fruizione dell’arte e dei luoghi deputati a contenerla, negli ultimi mesi abbiamo assistito spesso ad iniziative importanti che hanno posto in simbiosi (con qualche polemica) le più grandi istituzioni museali d’Italia e il mondo dei social.

(credits: @uffizigalleries)

In un momento in cui ai luoghi della cultura è stato praticamente imposto di reinventare le proprie modalità di fruizione, questi prima si sono riversati nel virtuale (e ne abbiamo già parlato qui) e poi, a riapertura – seppur brevissima – nella sicurezza, proponendo le migliori modalità per accogliere i visitatori vogliosi di riempirsi delle anelate meraviglie lì custodite. Ma la crisi del settore è stata (ed è) davvero pesante da sostenere, e il semplice desiderio di recuperare il tempo perduto, il timore del contagio e il desiderio di vivere la movida al caldo sole dell’estate, ha provocato un brusco calo delle presenze.

Ecco allora che molti musei si sono resi protagonisti di una serie di azioni che, per quanto spesso duramente contestate, si sono rivelate lungimiranti e fortemente strategiche, perché pregne di una grande volontà di trainare verso le proprie porte e le proprie sale un gran numero di frequentatori in più.

Ricorderemo tutti, infatti, Chiara Ferragni alle Gallerie degli Uffizi, ai Musei Vaticani e al MArTA di Taranto (in occasione della sfilata di DIOR a Lecce). O anche Cristina Fogazzi, l’Estetista Cinica che, rendendo pubblico un suo personale tour guidato all’interno dei meravigliosi Musei Vaticani, ha invitato calorosamente tutti a far visita a uno degli scrigni più preziosi d’Italia.

(credits: @estetistacinica)

Può quindi un influencer, su Instagram, riuscire a invogliare una community a fruire e ad acquistare beni d’arte, senza assolutamente togliere autorevolezza a una materia ritenuta tanto divina, quanto per pochi? Certo. E per fortuna! Mostrare a migliaia e milioni di follower questi e altri luoghi della cultura, ha portato un incremento delle visite davvero impressionante (anche se non esaustivo) e un avvicinamento a un prezioso bene che è bene cominci a essere percepito come di tutti e potenzialmente per tutti. Che poi la si studi o la si apprezzi soltanto, non sta a noi giudicare se sia positivo o negativo.

Ritornando, allora, al punto di partenza: ci abitueremo mai?

Forse dovremmo. Senza sostituire il vero con il virtuale, ovvio, ma con la consapevolezza che l’Arte non è più giusto rimanga una materia per pochi spiriti sensibili o per incalliti appassionati. Questa, come la musica, il cinema, la fotografia, la radio e non in ultimo, la televisione e oggi l’internet, prende spunto e si è adattata nel corso del suo divenire alla vita reale. Ed è sempre stata forma comunicativa e oggetto di comunicazione. Prenderne coscienza del potenziale ed esserne consapevoli, forse non può far altro che generare una meravigliosa condivisione della Bellezza.

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