“Frida oltre il mito”, la mostra inedita a Milano

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Frida oltre il mito

Frida Kahlo è la più grande pittrice e artista messicana, diventata un’icona senza tempo al punto tale che le sue vicende personali hanno fatto di lei un mito pop lontano dalla realtà.
Il New York Times ha coniato per lei un termine: “La Fridamania”, commercializzare elementi della sua biografia e farne materiale per meri gadget.

Per avere un’idea della portata del “fenomeno Frida”, basta guarda il numero di foto taggate: #frida colleziona  oltre 1.500.000 post e #fridakahlo che raggruppa più di 2.000.000 post. Murales, citazioni, fotografie vengono quotidianamente condivise sui social, alimentando il mito.
Proveremo insieme a spogliare l’icona di sovrastrutture legate all’immagine commerciale che si è creata intorno a lei fino a farne una icona pop per scoprire la donna oltre che l’artista.
Questo è anche l’obiettivo della mostra attualmente visitabile al Mudec di Milano fino al 3 giugno dal titolo “Frida, oltre il mito”, che dipinge la vita dell’artista e la connessione con la sua terra, il Messico.

Chi era Frida?

Attivista politica e artista ribelle e fragile allo stesso tempo, nata nel 1907 in Messico, ha fatto delle sue visioni surrealistiche il suo punto di forza. Il dolore, grande costante della sua vita, è declinato attraverso autoritratti e paesaggi quasi onirici, a dimostrazione del fatto che il talento e l’arte possano trasformarlo in bellezza.
Affetta da spina bifida, subì un violento incidente che ne compromise la colonna vertebrale, il bacino e le sue gambe, quando era ancora molto giovane.
L’incontro con Diego Rivera, amore di una vita e a quel tempo l’artista simbolo del Messico, le diede e le tolse tutto. I suoi autoritratti rivelano traumi, fisici e psicologici, come a esorcizzarli e, allo stesso tempo, raccontano di una realtà parallela in cui oggetti, piante e animali hanno una valenza puramente simbolica. Il suo sguardo magnetico incanta lo spettatore che si sente come trasportato in un altro mondo, tutto da scoprire, in cui la stessa autrice è, sì svelata e contemporaneamente nascosta. Il fermento artistico sviluppatosi durante gli anni Trenta e Quaranta in Europa e in Messico la influenzò fortemente, ciò nonostante Frida riuscì a personalizzare un suo stile assolutamente unico, insistendo su elementi locali e indigeni per creare continuità con il passato del suo Paese, in netta contrapposizione con l’imperialismo americano avanzante: nessun critico d’arte è riuscito a collocarla in alcuna corrente artistica già esistente: Frida Kahlo è una delle poche artiste ad essere sfuggita alla mera catalogazione stilitstico-temporale.

Frida e il suo legame con la fotografia

Se gli autoritratti raccontano il suo tormento personale, nelle fotografie di terzi in cui è ritratta il dolore è omesso a favore della normalità e della leggerezza.
Fu fotografata da più di venti dei più grandi fotografi del suo tempo, da Muray, a Tina Modotti, Edward Weston, Leo Matiz, Lola Alvarez Prado.
Un legame, quello con la fotografia, talmente intenso da essere sfociato in passioni amorose che hanno segnato anche le produzioni stesse degli artisti di cui si innamorò. Tutti affascinati dalla forte personalità di Frida, che fin da piccola era stata abituata alla presenza di una macchina fotografica nella sua vita.
Il padre, Guillermo Kahlo, era infatti un ritrattista affermato che riconobbe la forza espressiva della figlia, insegnandole a posare davanti alla macchina fotografica senza permettere che i suoi difetti fisici ne potessero inficiare bellezza e sicurezza. Ed è proprio attraverso le foto del padre che Frida scoprirà il suo aspetto, prima ancora che negli specchi, che diventeranno fedeli alleati nella sua produzione artistica.
Nickolas Muray, fotografo ungherese naturalizzato statunitense, famoso per i suoi scatti alle star del jet set americano, realizzerà i più famosi ritratti di Frida che oggi ricordiamo. Quelli che l’hanno resa icona del nostra tempo.Il suo viso cosi caratteristico, lascia il segno.
In ogni ritratto anche i suoi difetti sono enfatizzati rendendola unica, consapevole, indimenticabile. Volendo prendere in prestito una affermazione tipica del mondo della televisione, il volto di Frida, così particolare “buca la pellicola”!

È grazie a questa serie di fotografie che ci vengono svelati e fatti conoscere la Casa Azul, con i suoi alberi, le piante, gli animali, il famoso murales dipinto da Rivera commissionatogli dal magnate Nelson Rockefeller e poi sostituito poiché Diego aveva inserito all’interno di esso la figura di Lenin, presenza scomoda date le vicissitudini russo-americane del tempo, il periodo newyorkese di Frida. Attraverso questa narrazione fotografica del suo mondo, riaffiorano anche i ricordi di Frida bimba e poi ragazzina.
Eppure proprio le fotografie, quelle che avrebbero dovuto raccontare la vera Frida, ne hanno fatto, nel tempo, una icona pop distante dalla sua realtà, quella di una donna forte e tormentata al cospetto di una vita intensa e spesso crudele che tra difficoltà e forti emozioni le procurò depressione, estraniamento, perdita.

Frida oltre il mito

Il suo volto è diventato il simbolo di un Paese, il Messico, che aveva già conosciuto nel 1910 la rivoluzione, della quale si definiva figlia, e durante la quale avrebbe poi sostenuto la lotta dei soldati messicani contro le armate spagnole.
Anche nella scelta degli abiti tradizionali che indossava e nei suoi dipinti, Frida promuoveva prepotentemente l’identità nazionale e culturale messicana: si tesseva i fiori tra i capelli, indossava abiti e rebozos (mantelli) tradizionali, sceglieva gonne che coprivano le sue gambe, rendendo più facile nascondere le sue cicatrici e la sua invalidità e fornire una distrazione visiva dal dolore. Questa rivendicazione di stile era anche uno dei modi che utilizzava per contrastare gli effetti che la cultura americana stavano avendo sia sulle identità che sulle città messicane che su sé stessa durante il suoi lunghi soggiorni negli States.
La rappresenterà anche in uno dei suoi quadri: gli Usa dipinti come una nazione fatta di cemento, industrie e inquinamento, mentre il Messico raffigurato come la terra in cui regnano la natura e i colori.
Le sue vicende personali hanno viaggiato parallelamente al suo talento, facendo di lei, negli anni, l’icona pop che troviamo su t-shirt, su murales, su tatuaggi ecc.
Diego Sileo, Il curatore della mostra al Mudec di Milano“Frida oltre il mito”, spiega che “per quanto possa sembrare paradossale, è proprio il gran numero di eventi espositivi dedicati a Frida Kahlo che ha portato ad ideare questo nuovo progetto perché – contrariamente a quanto appare – la leggenda che si è creata attorno alla vita dell’artista è spesso servita solo ad offuscare l’effettiva conoscenza della sua poetica”.
Arrivano in Italia oltre 200 opere, tra quadri, fotografie e disegni, provenienti dal Museo Dolores Olmedo di Città del Messico e dalla Jacques and Natasha Gelman Collection di New York, le due più importanti e ampie collezioni di Frida Kahlo al mondo, e da altri autorevoli musei che hanno messo a disposizione altri capolavori.
Ma è l’eccezionale consultazione dell’Archivio della Casa Azul nel 2007 a rendere unica l’intera esposizione.
Quattro i temi: Donne, Terra, Politica e Dolore, le costanti della sua tormentata esistenza.

Frida, raccontando del suo dolore e della fragilità umana, ha reso l’arte condivisibile e accessibile a tutti. Chiunque poteva e può rivedersi nella sua sofferenza, comprenderla individualmente e rielaborarla personalmente.

Non ho mai dipinto sogni. Ho sempre rappresentato la mia realtà

Frida Kahlo

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