Bastano 5 minuti.
I primi 5 minuti, dall’upload della propria foto su Instagram sono cruciali. Possono fare la differenza tra avere molti like e commenti oppure solo una manciata destinata ad avere una coda corta.
Ci pensa l’algoritmo: tanti like e tanti commenti nei primi 5 minuti equivalgono a visibilità assicurata, pubblico amplificato e magari si finisce nello spazio dedicato ai contenuti “in evidenza” (Esplora), che un tempo si chiamavano Popular. Succede da marzo scorso, quando Instagram ha deciso di togliere l’ordine cronologico ai post, privilegiando invece le interazioni per dare visibilità ai contenuti pubblicati.
Ormai lo sanno tutti. Tutti gli Instagramers della prima ora, tutti i nostri lettori, tutti gli appassionati di Instagram.
Alcuni però non sanno che in quei 5 fatidici minuti, si possono chiamare a raccolta amici, follower, utenti vari, radunati in “gruppi segreti”, al fine di informarli dell’imminente pubblicazione, in modo che tutti siano poi pronti a fare la loro parte mettendo like e commenti per “pompare” la nostra foto. Una volta tocca a noi, la volta dopo toccherà a loro.
Si chiamano “Instagram pods” e sono gruppi organizzati di persone, non necessariamente conoscenti, ma spesso fan reciproci, che si aiutano a vicenda, affinché i loro post abbiano successo.
Non ci sono solo su Instagram, come riferisce Racked.com, ma ci sono “pod” su qualunque genere di argomento e tutti hanno un comune denominatore: si diffondono con il passaparola, in modo che il loro status “underground” sia difeso e non corra rischi.
Ma come farne parte? Come poter contare su gruppi di “follower a comando” che ci aiutino ad amplificare la nostra visibilità su Instagram?
Dice Racked.com:
Instagram pods spread by word of mouth. Every pod member I spoke to said they’d learned about their group from a friend or a Facebook group of like-minded bloggers. InstaRevealed, which creates guides to increasing your popularity on the app, runs many of these Instagram pods. The site was created by Liz Dean and Teri Didjurgis, and it has more than 225 niche pods. One blogger told me when she joined Dean and Didjurgis’s Facebook group in September 2015 it had about 300 members. Today, more than 20,000 people have joined. Similarly, many users find their pods through The Rising Tide Society’s Facebook group, a closed group for creative entrepreneurs, where new pods are announced every day. For the most part, the growth of these groups of creators has been organic and rapid. They’ve existed for fewer than two years.
Su Facebook ci sono gruppi (chiusi) di blogger (per esempio The Rising Tide Society) sulla cui timeline continuamente verrebbero segnalati nuovi pods cui poter aderire e sul cui sito c’è anche un tutorial su come aprire un Instagram pod. Non solo. Anche InstaRevealed, che realizza guide per aumentare la propria popolarità su Instagram, gestirebbe personalmente diversi Instagram pods (di cui alcuni “allo scoperto”). Anche Telegram parrebbe essere uno spazio privilegiato per comunicare la presenza di nuovi “pod”. Per non parlare di Instagram stesso.
Il fenomeno sembrerebbe quindi tuttaltro che sommerso: esiste da un paio d’anni, ma ha trovato terreno fertile immediato, che gli ha consentito una crescita decisamente dilagante.
Ma funziona davvero? È davvero “sufficiente” contare sul supporto dei propri fans per guadagnare popolarità?
Racked.com ha intervistato alcuni Social Media Strategists per avere un loro parere a riguardo, e pare che non sia proprio tutto oro quello che luccica:
“People think pods work because they do work on Facebook,” Jenn Herman, a social media strategist, says. “And people assume the Instagram algorithm is the same as it is on Facebook… which it’s not. To ‘beat’ the algorithm on Instagram requires better content, a selective posting schedule, […] good captions, and effective calls-to-action.” And the way the algorithm determines “good content” is based on which content gets a response from viewers in the form of likes, comments, and shares. In other words, there’s no quick fix, according to Herman.
Secondo Jenn Herman, social media strategist, il pensiero comune di chi si avvicina agli Instagram pods è la convinzione che l’algoritmo di Instagram lavori come quello di Facebook, cosa che però non è. Per avere la meglio sull’algoritmo di Instagram, infatti, conta ancora molto il valore del contenuto, un piano editoriale preciso, buone didascalie e coinvolgimento concreto della propria fan base. Sempre secondo Jenn Herman, infatti, mettere like su tutte le foto dei propri amici, per esempio, non farà altro che aiutare l’algoritmo a mostrarci le foto di quelle persone per prime sul nostro feed e non ci sarebbero dati che dimostrano invece l’ingresso di questi contenuti nella sezione “Esplora”.
Tuttavia, coloro che partecipato a questi “gruppi” sono convinti che “male non possano fare”… anche non servissero davvero a far inserire i propri contenuti nella sezione Esplora, comunque, l’engagement di ogni post ne beneficerebbe.
Lo spiega bene Brita Marie Long, che, amante del colore rosa, ha realizzato un gruppo con persone che condividono la stessa passione. Tutte queste persone postano contenuti rosa, per cui è facile per l’algoritmo capire che si tratta davvero di una loro passione, mentre per loro è semplice commentare post il cui comune denominatore è il colore che tanto amano. Ma niente emoji nei commenti, perché pare che l’algoritmo non le prenda in considerazione.
Brita Marie Long, who blogs at BelleBrita, founded a comment pod almost a year ago around the color pink. Its 14 members all post content that’s pink. That sounds simple and silly, but it allows her members to follow and respond to content that they already know they’ll like. “My first comment pod, which was too broad, sometimes felt kind of forced because it was an experiment,” Long says. “Commenting on the pink pod is really easy because we have so much in common and are genuinely interested in each other’s comments. Even if I stopped using Instagram for work, I would still be following these people.”
L’appartenenza a un Instagram pod, richiede un investimento di tempo, da parte dei partecipanti, davvero considerevole. Occorre tenere il passo delle pubblicazioni di tutti gli appartenenti al gruppo, e commentare, distribuire cuori, mandare messaggi.
Ovviamente tante interazioni fanno sembrare i post autorevoli e i titolari di certi account dei veri “influencer”, cosa che però, spesso, non è, proprio in virtù di questi sistemi poco trasparenti, o meglio, poco noti a chi investe sull’influencer marketing e potrebbe essere ingannato da dati molto distorti e da fiumi di like da parte di persone che però non sono interessate in modo autentico ai prodotti eventualmente raffigurati nel post, ma sono solo frutto di un precedente accordo di “auto-aiuto” tra utenti, come fa notare l’Independent.
Far parte di un Instagram pod, dunque, è impegnativo e anche costruirne uno non è cosa di poco conto: bisogna selezionare le persone (magari già con un certo numero di follower), esser certi che siano disponibili e abbiano il tempo necessario per coprirci di cuori e commenti e che non ci mollino dopo il primo post.
Varrà dunque la pena? Tanta fatica per cosa?
Come si diceva, un utente può trarre vantaggio da questo tipo di attività, soprattutto in termini di visibilità del proprio account e perché quando un post colleziona tanti commenti, chi arriva su quel contenuto può essere invogliato a commentare a sua volta, come fa notare Molly Marshall, esperta di marketing. Tuttavia, agli occhi di un professionista, ossia di chi da anni osserva il mondo di Instagram seguendo determinati account e mettendoli a confronto tra di loro, è facile che il gioco “venga scoperto”. Ed è appunto alla professionalità di questi esperti che i brand oggi dovrebbero rivolgersi.
Perché come dice Jasmine Star, branding and marketing strategist, “Instagram, for me, is a real life platform…and in real life, I want real conversations”, vale a dire che Instagram oggi è da considerarsi come uno spazio a metà fra online e offline, dove persone vere che si scambiano like in rete, poi si incontrano dal vivo, pertanto coloro che commentano o mettono like solo perché interessati a ricevere like e commenti in cambio, di fatto finiscono per minare la nostra autenticità.