Servizio a cura di Daniela Deidda (@igers_cagliari)
Il Carnevale in Sardegna ha tanti aspetti, significati e sfumature da vedere e da vivere lasciandosi coinvolgere in un vortice di colori, energia e musicalità gestuale. La capacità di spettacolarizzare tradizioni dalle radici antiche è giocata su ritmi precisi, come a teatro. Una commedia umana regionale che da qualche anno va in scena anche su Instagram. Ecco perché @igers_sardegna, la community regionale sarda, ha lanciato il contest #carnevalidisardegna grazie al quale sono state raccolte diverse immagini che hanno ispirato questo post.
Nella Sartiglia di Oristano alla lenta compostezza dei gesti che accompagnano la vestizione de su componidori, androgino cavaliere che indossa una maschera bianca, segue la rapida destrezza di una spettacolare giostra equestre. Una gara con la sorte ingaggiata nel tentativo di infilzare con una spada, correndo al galoppo, il maggior numero di stelle argentate appese a un filo.
Le abilità equestri de Sa Carrela ‘e nanti di Santu Lussurgiu, siamo sempre in provincia di Oristano, sono adrenalina pura anche per gli spettatori che assistono a ridosso delle case, lungo le strade strette del centro. In queste emozionanti corse a pariglia, i cavalieri, che indossano abiti dai colori sgargianti, si esibiscono in figure acrobatiche degne di veri circensi.
A Bosa (OR) l’allegria del Carnevale è sinuosa come il fiume Temo, e scorre libera come il vino che accompagna i giorni di festa nelle cantine aperte del centro storico, tra musica e sapori antichi. Tutti si vestono con abiti neri, come vecchiette, per interpretare la maschera bosana de s’attittidu, il lamento funebre dedicato alla morte del carnevale, tra lazzi e satira a sfondo sessuale.
Poi ci sono i Carnevali della Barbagia, nel cuore della Sardegna, dove gesti e ritualità delle maschere richiamano il mondo agro–pastorale e il legame uomo–animale tra antiche simbologie ricche di fascino e mistero.
A Mamoiada i passi saltati dei mamuthònes, con le maschere di legno nere e le pelli di pecora, hanno il ritmo dei pesanti campanacci fissati sulle spalle e sono coordinati dagli issocadòres, pantaloni bianchi e giubbetto rosso, in una sorta di processione solenne e precisa. Ma attenti a non confonderli con i mamutzones di Samugheo (OR) perché la loro maschera è di sughero.
A Ottana troviamo i boes e merdules. Indossano entrambi pelli di pecora, ma i primi rappresentano dei bovini e sul viso calano maschere di pero provviste di corna, mentre la maschera lignea dei secondi ha sembianze umane. Nelle loro esibizioni i saltelli cadenzati dal suono dei campanacci dei boes sono interrotti da scene di ribellione da parte degli stessi che si gettano perterra tra la folla. Ai merdules, provvisti di bastone e lazzo, detto socca, il compito di riportare l’ordine. Qui troviamo anche uno dei pochi personaggi femminili, sa filonzana, gobba, rugosa e vestita di nero, stringe un fuso che fila e taglia in continuazione a simboleggiare l’alternarsi del ciclo vitale.
Tra i thurpos, i ciechi, di Orotelli, con i loro gabbani di orbace nero, c’è chi è aggiogato in coppia come i buoi, chi li conduce e pungola come farebbe il contadino, mentre qualcuno semina o imita i maniscalchi in una vera e propria scena di quotidianità agricola.
Agilità e prestanza fisica sono le doti de s’urthu di Fonni, pelliccia di montone e faccia annerita dalla fuliggine, che si arrampica sugli alberi e sui muri delle case portando scompiglio in ogni dove con l’intento di rubare un dolcetto. Lo tengono a catena due buttudos, i padroni, che vestono un cappotto nero con una bandoliera di campanacci.
Nella festa di Orani spicca su bundu, l’uomo che si fa bue con una maschera di sughero colorata di rosso e provvista di corna.
A Ovodda il primato del Carnevale più trasgressivo, a partire dal giorno in cui si festeggia: il mercoledì delle ceneri. Un’ onda umana con i visi tinti di nero, abbigliata con stracci variopinti, segue il fantoccio di Don Conte, insultandolo e deridendolo, tra canti, balli e grandi bevute di vino.
Per vivere l’entusiasmo di un carnevale allegorico spostatevi a Tempio Pausania (SS), dove l’imponente Re Giorgio avanza trionfale sul suo carro andando incontro alla sposa Mannena, in un’allegra pioggia di coriandoli. Ma non illudetevi, dopo sei giorni di festa, e un lungo processo, il loro destino è segnato da una certa condanna al rogo e, come spesso accade, il Carnevale finisce con un grande falò perché in fondo è un lecito momento di follia che possiamo concederci solo una volta all’anno!