Il Codice di buone pratiche europeo per contrastare la diffusione delle fake news online e sui social. Instagram compreso

Il Codice europeo sulle buone pratiche sulla disinformazione per contrastare la diffusione delle fake news, oggi conta 34 firmatari tra cui Google, Twitter, Tik Tok e Meta.

Secondo la definizione che ne dà la Treccani, per disinformazione si intende la “diffusione intenzionale di notizie o informazioni inesatte o distorte allo scopo di influenzare le azioni e le scelte di qualcuno”. Un fenomeno che, con Internet e i social media in particolare, si è diffuso superando i confini delle semplici “voci di corridoio” del mondo dell’offline e che oggi, complice anche il comportamento degli utenti, viaggia sulle frequenze di campagne diffamatorie, deep fake e delle fake news. 

Allo scopo di “limitare la diffusione della disinformazione online, anche durante i periodi elettorali, e per rispondere rapidamente alle crisi”, l’Unione europea si è impegnata verso questa direzione, mettendo nero su bianco il Codice di buone pratiche sulla disinformazione, pubblicato nel 2018 e rafforzato a giugno scorso. Con la pandemia da Covid-19 e la guerra provocata dall’aggressione della Russia nei confronti dell’Ucraina disinformazione e fake news sono diventati fenomeni all’ordine del giorno e da contrastare. Con queste due premesse, la Commissione europea ha rafforzato il Codice esistente sulle buone pratiche sulla disinformazione. Il nuovo Codice, che conta oggi 34 firmatari tra cui Google, Twitter, Tik Tok e Meta, stabilisce impegni non solo per industri tech, ma anche per le piattaforme, dove la disinformazione può muoversi attraverso click e condivisioni. Lavorare dunque per mantenere un ambiente online più trasparente, sicuro e affidabile è l’obiettivo che si dà la Commissione europea. Il Codice sulle buone pratiche sulla disinformazione, insieme alla legge sui servizi digitali, costituisce un tassello fondamentale nella lotta dell’Ue per contrastare la diffusione di notizie false in Europa. 

MA PERCHÉ PROPRIO UN CODICE? 

Una delle risposte si trova proprio nei punti di condotta che prevede, tra le altre cose, la trasparenza delle ads politiche. Un elemento fondamentale è proprio quello di garantire uno spazio pubblico, compreso quello dei social media come Instagram – ad oggi tra le prime piattaforme scelte dai politici per veicolare i loro messaggi – accessibile e verificabile, che permetta ai cittadini di riconoscere l’adversting attraverso etichette individuabili. Garantire così la veridicità e l’attendibilità delle fonti online, attraverso una task-force permanente per rivedere e adattare gli impegni delle piattaforme nell’ottica degli sviluppi tecnologici, sociali, di mercato e legislativi, e un Centro per la Trasparenza – accessibile ai cittadini –  per l’aggiornamento periodico dei dati rilevanti. I conflitti oggi si giocano anche nella dimensione digitale e la guerra in Ucraina ha mostrato gli effetti nocivi che notizie false, se lasciate circolare, possono generare. A partire proprio da quelle piattaforme – come lo è Instagram – ad oggi presidiate non solo da influencer, creator, media, ma anche e soprattutto da cittadini e utenti di ogni fascia d’età.  

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