Cresciuto nella tranquilla comunità agricola della Skagit Valley (Washington State U.S.A.) Michael Christopher Brown si è avvicinato alla magia della camera oscura in tenera età grazie al padre. Dopo aver conseguito una laurea in psicologia e un master in fotografia documentaria l’eclettico e innovativo fotoreporter, in breve tempo, ha raggiunto i vertici del foto giornalismo di approfondimento mondiale pubblicando per testate di altissimo livello. Recente è la sua nomina, molto dibattuta, come candidato socio nell’agenzia delle agenzie, la famosa Magnum Photos.
Perché questo sorridente ragazzo americano sta facendo così discutere gli addetti ai lavori? Semplice, Michael non è il classico fotoreporter alla Denis Hopper in Apocalypse Now. Grazie alla sua creatività, alle sue capacità tecniche e alla sua innata predisposizione per la sperimentazione in poco tempo ha evoluto il suo stile da fotografo ad Iphonographer apprezzato e stimato dai migliori photo editor.
Dalla metropolitana di Pechino a New York durante gli eventi straordinari provocati dall’uragano Sandy, dalla Repubblica Democratica del Congo alla Libia i suoi recenti reportage hanno tutti un comune denominatore: le applicazioni di un iPhone. Questo giovane cittadino stelle e strisce, che probabilmente in meno di due anni diventerà socio effettivo della Magnum Photos, ha definitivamente fatto cadere l’ultimo tabù, il tabù che spesso genera discussioni tra fotografi pro e contro la Iphonography. Così, leggendo questa notizia ho avuto il piacere di scrivere a Michael Cristopher Brown chiedendogli una intervista per Instagramers Italia. Ho scoperto una persona gentile, un ragazzo tenace innamorato del proprio lavoro. Queste le sue parole, un viaggio nei pensieri di un giovane brillante capace di evolversi e di rischiare, di un Iphonographer di successo che probabilmente entrerà a far parte dei libri di storia della fotografia come il primo fotoreporter con lo smartphone.
Come è nata la tua passione per la fotografia?
M.C.B. Spesso ci riunivamo in soggiorno e mio padre mostrava a me, mia sorella e mia madre le diapositive della sua gioventù, della sua relazione con mia madre e della nostra famiglia. Era un modo per passare il tempo insieme, così ho imparato a conoscere la fotografia.
Hai un fotografo/ fotografia che ti ha ispirato? Se si, chi e perché?
M.C.B. Bene mi ha ispirato mio padre. Non era un fotografo, ma un medico che ha fotografato fin da giovane. Le diapositive sono state un’ ispirazione, più tardi mi ha insegnato come usare la macchina fotografica. Avevamo una camera oscura per bianco e nero in casa.
Come i tuoi studi in psicologia ti aiutano a capire i tuoi soggetti? Guardando i tuoi lavori si percepisce l’empatia degli scatti ravvicinati, parli con le persone che fotografi?
M.C.B. Quello che mi ha maggiormente interessato dei miei studi sono stati gli aspetti della psicologia sociale e della psicologa delle folle: gruppi di persone, i comportamenti comuni della gente. Cerco di applicare alcuni di questi aspetti alle mie fotografie ma in realtà ritengo che la storia dell’arte, la mitologia con l’uso metaforico e storico delle immagini abbia avuto un maggior impatto sul mio lavoro. Per capire le persone è necessario passare molto tempo insieme a loro. A volte parlo mentre fotografo, altre volte no, dipende dalla situazione. La cosa più importante è sapere quanta influenza ho come fotografo, questo generalmente predice quanto coinvolgo chi sto fotografando.
Ti è mai capitato di rubare una fotografia, se si quando?
M.C.B. Dipende cosa vuoi dire con “foto rubata”, se intendi scattare foto spontanee, allora si, lo faccio spesso.
Le tue immagini vanno da una street photography molto raffinata fino ad azioni di guerra cruente e scioccanti come pensi si sia evoluto in te il concetto di fotogiornalismo? Come Michael Christopher Brown vede il fotogiornalismo oggi?
M.C.B. Penso che ci sarà sempre una potenziale evoluzione del foto giornalismo ma è anche importante evolvere individualmente come fotografo. Generalmente non sono interessato alle foto per news di cronaca. Sono importanti, ovviamente, ma sono più interessato all’approfondimento fotogiornalistico.
Qual e’ il tuo reportage / foto al quale sei più legato e perché?
M.C.B. Questo inverno uscirà un libro pubblicato da Twin Palms Press che parlerà della mia esperienza fotografica in Libia. Conterrà più di 300 immagini in quasi 400 pagine e riguarderà la mia esperienza come fotoreporter di guerra dando una panoramica completa della rivoluzione. Volevo guardare la fotografia di guerra in maniera diversa e raccontarla in maniera onesta e aperta.
Cosa ti emoziona di più’ del tuo lavoro?
M.C.B. È emozionante solo se c’è crescita, così la mia motivazione adesso è ispirata dalla sperimentazione.
Sei giovane, hai già pubblicato su diverse riviste importanti come National Geographic, Newsweek, The Wall Street journal, Fortune, Time e molto altro e adesso la nomina alla Magnum Photos. Finalmente cade un tabù che probabilmente ti riserverà un posto nei libri di storia della fotografia non solo per il tuo stile e per la tua tecnica impeccabile ma anche per essere il primo fotografo della storica agenzia che realizza le sue immagini con iPhone. Sei consapevole di essere probabilmente il fotogiornalista della svolta?
M.C.B. Quello che sembra più importante è che un iPhone oggi sia riconosciuto come “arma” imparziale, spesso ci sono dei vantaggi nell’utilizzo di un telefono. Non esistono tanti buoni reportage fatti con un iPhone ed è per questo che il suo utilizzo non è ancora largamente accettato nel mondo del fotogiornalismo.
Cosa hai provato quando ti hanno detto della nomina alla Magnum Photos?
M.C.B. È stato un grande onore essere accettato come candidato, per una serie di motivi, ed ero molto eccitato per questo. È stata un’altra solida affermazione che il telefono è riconosciuto, da alcuni dei migliori fotografi del mondo, come uno strumento utile per la fotografia.
Raccontaci come e quando ti sei avvicinato alla iPhonography.
M.C.B. Ho iniziato a sperimentare con l’ iPhone a New York, nell’autunno del 2010, poi cominciai ad usarlo in un viaggio in Cina alla fine del 2010. In Libia ho iniziato ad usarlo a tempo pieno
Guardando le tue immagini del conflitto in Libia l’osservatore percepisce subito il tuo sapere entrare nella scena, alla maniera di Capa.
M.C.B. Ci sono molte influenze in quelle foto, anche se l’iPhone mi ha ispirato un certo tipo di fotografia e io miravo a sviluppare quella tipologia di fotografia, quella visone, durante tutta la rivoluzione.
Le immagini quadrate rafforzano questa sensazione d’ intimità con il soggetto risultando belle e innovative grazie al modo in cui sono state riprese ma, tutte le idee controcorrente spesso, portano con se delle critiche. Hai sentito ostilità da parte dei tuoi colleghi per questa scelta coraggiosa?
M.C.B. C’erano e ci sono ancora molte critiche. In Libia sono stato preso in giro, almeno in alcuni ambienti. Qualcosa sta cominciando a cambiare, anche se mi aspetto le critiche più vivaci quando uscirà il mio libro.
Tecnicamente come superi i limiti che l’iPhone ti impone (es. luce, esposizione…)?
M.C.B. Ho avuto molte complicazioni tecniche in Libia, anche se con lo sviluppo degli iPhone adesso esistono meno inconvenienti, ho avuto problemi con le applicazioni che vanno in crash e la loro velocità di acquisizione. Per questo il processo fotografico è stato ridotto, più lento, portandomi ad avere un approccio fotografico alle situazioni molto diverso. Ma se sei un fotografo che preferisce utilizzare il telefono al posto della macchina fotografica queste limitazioni diventano virtù.
Usi lenti di supporto da applicare alla fotocamera del tuo iphone (es. olloclip)?
M.C.B. No, uso l’iPhone così com’è.
Grazie a precedenti interviste sappiamo che la tua app preferita è Hipstamatic, cosa ne pensi?
M.C.B. La uso ancora molto, mi piace la cornice quadrata ma non mi piace il ritaglio delle immagini. Per quanto riguarda le applicazioni di iPhone Hipstamatic è ancora la più veloce applicazione di immagini a cornice quadrata, anche se penso che ci sia ancora tanta strada da fare. C’è solo una lente che utilizzo: la Jane lens. Ci sono ancora problemi di macchie e di colori che hanno bisogno di essere corretti con quella lente. Sto cercando un ingegnere che mi aiuti a sviluppare un’applicazione per il formato quadrato che abbia un look più pulito.
Utilizzi altre applicazioni di foto ritocco, se si quali?
M.C.B. Snapseed
Le immagini degli smartphone sono spesso accusate di essere poco realistiche. Cosa ne pensi di questo genere di foto ritocco nel foto giornalismo? Fino a che punto può essere tollerato secondo il tuo parere?
M.C.B. Per quanto riguarda il fotogiornalismo classico sì, penso che dovrebbe essere più realistico. Realistico nel senso di sembrare una fotografia classica, una diapositiva o un file digitale di una 5D Canon per esempio.
Segui un fotografo o un profilo in Instagram in particolare, perché?
M.C.B. Seguo soprattutto i miei colleghi e gli amici.
web site: www.mcbphotos.com
Instagram: @michaelchristopherbrown
Intervista di @lili76photo