La scultura contemporanea protagonista di #MuseoNazionale

Continua l’appuntamento con #MuseoNazionale il progetto in collaborazione con Radio 3 Rai per scoprire settimana dopo settimana le meraviglie del nostro immenso patrimonio artistico.

È la scultura contemporanea la protagonista della selezione di questa settimana.1 - leonep73

Si comincia con la foto di Paolo Leone (su Instagram con l’account @leonep73) che ritrae il Rigoletto.

“È stata scattata nel Maggio 2012 – ci dice l’autore – durante una gita a Mantova con mia moglie e mio figlio. Passeggiando per Piazza Sordello ho intravisto la cosiddetta Casa Del Rigoletto dove troneggia tale statua di bronzo.”

“Documentandomi successivamente – prosegue Paolo – ho scoperto che parte dell’ opera Rigoletto si svolge a Mantova diventando una specie di simbolo per la città. Tale statua di Aldo Falchi, racchiude il fascino del buffone dell’ opera”.

 

Viene da Bologna invece, la foto di @elenapr72 (al secolo Elena Antonetti) che ha immortalato “The Kiss”di Guy Lydster che si trova in Piazza 4 Novembre.

2 - elenapr72“Mi piace girare curiosando per lasciar scivolare i pensieri più pesanti. – ci dice Elena – Ero uscita dall’ufficio e mi dirigevo in stazione per tornare nella mia città, ero sola e avevo bisogno di camminare un po’. Mi sono fermata davanti a un vetrina, ma senza guardare molto in realtà. Poi, voltando lo sguardo, ho visto questa cosa… sembravano due “biscottoni che si davano un bacio”: mi è sembrata una cosa dolcissima e mi ha scaldato il cuore. Per questo l’ho fotografata… perché volevo che mi scaldasse il cuore ogni volta che la ritrovavo sul mio telefono.”

 

 

La foto di @cristicricri2 è stata scattata all’Hangar Bicocca di Milano e l’autrice ce ne offre una presentazione davvero completa

“L’opera in questione (nella foto ne compaiono solo due) é “I sette Palazzi Celesti” di Anselm Kiefer (2004), esposizione permanente site-specific.

Il nome si riferisce ai Palazzi descritti nell’antico trattato ebraico “Il Libro dei Palazzi/Santuari” del IV-V sec. d.C., in cui viene narrato il cammino di iniziazione spirituale di colui che vuole avvicinarsi al cospetto di Dio. Sono enormi, di altezza variabile tra i 14 e i 18 metri, pesano 90 tonnellate ciascuna e sono realizzate in cemento armato, sfruttando come elementi base i moduli angolari dei container3 - cristicricri2 per il trasporto merci. La staticità é garantita anche da libri e cunei in piombo, inseriti tra i vari piani di ciascuna torre.

Il piombo per Kiefer ha anche un valore simbolico, poiché nella tradizione é considerato materia della malinconia.

Le suggestioni che l’autore propone (interpretazione della religione ebraica, rappresentazione delle rovine dell’Occidente dopo l’ultima guerra, per es.) sono molteplici e costituiscono il motivo che mi hanno spinto a fotografare, oltre al fascino del luogo, all’atmosfera, al messaggio così potentemente attuale in questo periodo storico.

Ero con altri due amici ed era già la terza volta che tornavo, perché adoro il posto! E poi attualmente é molto più facile raggiungerlo (si trova in periferia, nell’ex spazio industriale dell’Ansaldo), poiché viene raggiunto dalla nuova metro lilla milanese.”

L’ultima foto invece ci viene da Roma ed è stata @Silcre a scattarla.

““Yellow” è forse l’opera più famosa di Nathan Sawaya, che ti attrae anche per il colore 4 - silcrebrillante di cui è fatta: giallo, il mio colore preferito!

Quello che più mi ha colpito di quest’opera è il messaggio che l’artista ha voluto esprimere e comunicare, facilmente decifrabile ma allo stesso tempo potente nella sua semplicità.

Un invito ad aprirsi al mondo, alla metamorfosi, alla ricerca della propria forza interiore per cambiare le cose.

Un ex avvocato, divenuto artista, che ha sentito la necessità impellente di liberare la propria creatività, di lasciare tutto e di mettersi in gioco.

Le opere di Nathan Sawaya sono in mostra allo spazio espositivo Set in via Tirso a Roma fino al 14 febbraio 2016.

Io sono andata con un gruppo di amici una domenica pomeriggio.

Una mostra che ci ha fatto tornare bambini ma ci ha fatto anche molto riflettere. Un percorso introspettivo fatto di mattoncini colorati.”

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