Michela Cimmino: una tesi su Instagram e fotogiornalismo

Michela Cimmino @mimicimme
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Michela Cimmino  nasce a Lamezia Terme (Catanzaro) nel 1988, ma è Toscana d’adozione, fin dall’età di 5 anni. In Toscana si è laureata al corso di laurea in “Comunicazione pubblica, sociale e d’impresa” presso l’Università di Pisa, lo scorso settembre, con una tesi intitolata “Come l’avvento dello Smartphone ha cambiato il fotogiornalismo: il caso di Instagram“, che è anche diventata un libro edito da EAI.

Da dove nasce l’idea di questa tesi?

L’idea di scrivere una tesi così innovativa e rara (poiché la fotografia non è trattata in nessuna delle materie della triennale) nasce da un mio bisogno personale, ovvero quello di far incontrare la mia grande passione con i miei studi. Il professor Ferrari, docente presso la facoltà di informatica, mi ha aiutato a studiare la caratteristica informatica di un’app come Instagram, soffermandoci sull’aperta questione dei “Big Data” e lo studio di tutti quei dati che immettiamo in rete ogni giorno.

Perché hai scelto di concentrarti proprio su Instagram e non, per esempio, su Pinterest o altre community che hanno come core business la condivisione di immagini?

Fondamentalmente ho scelto Instagram proprio per l’uso che ne faccio io: ho conosciuto l’app ancor prima di avere uno smartphone. L’idea di poter avere sempre tra le mani uno strumento in grado di fotografare (peraltro con una buona qualità) quello che avevo intorno e poterlo condividere in rete mi ha affascinato da subito; è un servizio ben fatto, facile da usare e soprattutto ideale per condividere foto con gli amici anche passando da Facebook. Pinterest è un social che ancora devo scoprire bene, non sono una grande “addict”.

@mimicimme
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Si parla tanto di fotografia e di evoluzione della fotografia oggi… ma in base ai dati raccolti per la stesura della tua tesi, la fotografia è ancora dei fotografi, oggigiorno?

Questa è proprio la domanda che mi sono posta quando ho scelto di analizzare un tema del genere. Per quanto ne possano dire i fotografi “professionisti”, con l’avvento dello smartphone è innegabile che la fotografia sia alla portata di tutti, anche di chi non può permettersi una macchina fotografica. Al giorno d’oggi siamo tutti potenzialmente fotografi e il resto è nelle mani degli estimatori e del pubblico. Ciononostante sono io la prima ad affermare che la fotografia 2.0 viaggia su una linea diversa dalla fotografia professionale e non sono due cose paragonabili.

In una introduzione alla tua tesi affermi che i fotogiornalisti, ovvero quei fotografi professionisti in grado di documentare la notizia con l’immagine, starebbero perdendo il loro primato, la loro unicità nel fare questo, ma è proprio vero? L’utente comune o il semplice appassionato di fotografia, è in grado di cogliere una notizia solo per il fatto di possedere un apparecchio fotografico sempre in tasca?
Il confronto tra l’”art mobile” e la fotografia digitale vera e propria non è così immediato, però dopo aver studiato a fondo questo tema ed essere venuta in contatto con la storia di Benjamin Lowy sono sempre più convinta che “The content is the king”.  @benlowy è un famoso fotografo-fotogiornalista, premiato con riconoscimenti come il World Press Photo per il fotogiornalismo. Ha fatto notizia quando nel 2011 ha cominciato a fotografare in Aflghanistan e in Libia con l’iPhone anziché con la reflex professionale. Io credo che la ricetta giusta per formare un buon fotografo sia data dall’occhio, dalla sensibilità e dalla tecnica, non dal mezzo o dall’apparecchio che si usa.

Com’è cambiato il fotogiornalismo per colpa/per merito di Instagram?

Io non darei la “colpa” a Instagram. Mi piace pensare che negli ultimi anni insieme al web siano cambiate anche le persone. Prima eravamo dei nickname (il mio era pattu88) e adesso combattiamo e navighiamo la rete per essere noi stessi al 100%. Ci hanno fornito dei mezzi che sono piaciuti e che ci coinvolgono sempre di più, giorno dopo giorno, facendo trasudare di verità le nostre “timeline”; è questo il bello. Oggi la velocità dell’informazione passa soprattutto dallo smartphone e la potenza della comunicazione visiva è un punto centrale che sta dietro la diffusione della “fotografia 2.0”.vCome dicevo prima, il suo successo è essenzialmente insito nella semplicità di utilizzo e nel fatto che consente di dedicare maggiore attenzione alla creatività piuttosto che alle impostazioni, come richiede invece una tradizionale macchina fotografica; quindi il “trovarsi nel posto giusto al momento giusto” prende una forma concreta visto che in tasca abbiamo tutti un ottimo mezzo di comunicazione per documentare quello che accade intorno a noi. Non so bene spiegarvi cosa porta una persona a fotografare l’albero di Natale della zia con un accurato filtro vintage, ma posso assicurarvi che dietro quella foto c’è una storia, c’è una vita e sicuramente anche una zia 🙂

E la fotografia com’è cambiata? I dati che hai raccolto esaminavano anche la qualità delle immagini condivise? C’è stata una evoluzione da questo punto di vista, secondo te, dall’inizio delle condivisioni su Instagram a oggi?

No, non ho fatto una ricerca di tipo qualitativo: mi sono soffermata sull’utilizzo e sull’affluenza dei vari hashtag che ho analizzato. Posso dire che io per prima ho affinato molto la mia tecnica “instagrammiana” cercando di condividere in maniera più coerente le fotografie con gli utenti poi, nel tempo, ho imparato a seguire le persone giuste cercando stili e soggetti diversi tra loro. Per me scorrere la home di instagram è sempre una scoperta

@mimicimme
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I Big Data raccolti nella tua tesi sono riferiti al territorio italiano o sono di respiro internazionale?

I dati che ho raccolto sono solo a livello locale, di Pisa e dintorni.

Una volta chiuso il tuo lavoro di ricerca e pubblicato il libro per la EAI, il tuo interesse didattico verso Instagram è venuto meno o continui a osservarlo con occhio critico e di ricerca?

Sicuramente è ri-diventato solo un piacere e non uno studio, però faccio sempre caso ad alcuni comportamenti, all’uso degli hashtag soprattutto.

E a questo proposito, un account su Twitter ce l’hai? E quali altri account, oltre al tuo, suggeriresti di seguire e perché?

Sì, su Instagram sono @mimicimme. Ho inoltre un account su Twitter (@mimicimm) e una pagina Facebook per condividere in maniera più aperta le mie fotografie. Pian piano sto anche dando vita a un nuovo progetto su Tumblr (http://inbilicosulmondo.tumblr.com/) “in bilico sul mondo”: è una visione verticale del mondo, il primo blog che parla di fotografie panoramiche verticali! Le mie 3 fonti di ispirazione su Instagram sono @benedettodemaio @expacs @eeesabel e tanti tanti tanti altri che vorrei solo ringraziare per tutte le belle storie che raccontano.

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