Lo statuto dell’International Council of Museums lo definisce: “un’istituzione permanente, senza scopo di lucro, al servizio della società e del suo sviluppo. È aperto al pubblico e compie ricerche che riguardano le testimonianze materiali e immateriali dell’umanità e del suo ambiente; le acquisisce, le conserva, le comunica e, soprattutto, le espone a fini di studio, educazione e diletto.”
Il museo è, quindi, uno spazio che assolve differenti compiti e raccoglie numerose sfide.
Siamo abituati a pensare il museo come una grande struttura, suddivisa per epoche o periodi storici di riferimento, tipologia di arte o artisti. Sappiamo che esistono mostre permanenti e attività temporanee. L’evoluzione tecnologica poi ci consente di immergerci nelle opere degli artisti attraverso le esposizioni multimediali o interattive tipiche dei giorni nostri. Ciò che si conosce poco è che esiste anche un altro tipo di museo: quello aziendale, che si categorizza nell’area del Turismo industriale.
Per turismo industriale si intende quella attività che porta le persone a visitare aziende, in disuso o in ripensamento di posizionamento, per scoprirne le loro storie, i loro valori, il loro patrimonio tangibile e intangibile. È la riscoperta dei valori del territorio, del Made in Italy, della relazione con le persone, della bellezza della nostra terra e del suo tessuto produttivo.
Il valore dei musei aziendali
In Italia esiste una rete di musei di impresa che da qualche anno è entrata a far parte del sistema museale nazionale del Ministero dei beni culturali. Un accordo che ha lo scopo di riconoscere e promuovere il ruolo sociale e culturale di questi luoghi d’arte.
Si tratta di luoghi che conservano, tutelano e valorizzano il patrimonio storico del nostro tessuto industriale. Luoghi della memoria che ogni anno vedono un flusso di visitatori sempre più in espansione, segno che viene raccontato bene il bello del nostro Paese e che questo venga ricercato sempre più dai visitatori. Ma c’è anche di più: ricerca e innovazione, focus sullo status dell’arte mondiale e proposte di esposizioni temporanee di una fattura qualitativa senza eguali. L’impresa, pertanto, ripensa completamente il suo sistema valoriale, il suo purpose, la sua ragione primaria intercettando quella disintermediazione che avvicina gli utenti, dandogli una connotazione qualitativa maggiore.
Esistono 3 ingredienti essenziali che fanno la forza dei musei aziendali:
- Il valore del legame tra impresa e territorio;
- Il valore del legame tra impresa e pubblico fruitore;
- Il valore dello storytelling del brand.
È logico pensare che un museo aziendale abbia lo scopo di essere identitario, di esprimere e incarnare i valori della comunità che vive ai piedi dell’impresa e con la quale abbia sviluppato una sorta di interdipendenza positiva negli anni. In più, il legame con il territorio ritorna prepotentemente in auge in questa nuova fase di post globalizzazione in cui si vuole riscoprire la prossimità e viverla fattivamente. È come se ci fosse una missione: conoscere e avere sinergia con il nostro vicino di pianerottolo per poter poi conoscere le realtà che vivono dall’altra parte del mondo.
Il pubblico di riferimento gioca un ruolo altresì importante, poiché i valori che un brand incarna e comunica sono principalmente i suoi stessi valori; inoltre, questa sinergia favorisce l’advocacy, ossia il comportamento spontaneo di attivare un passaparola positivo da parte dell’utente che ha vissuto un’esperienza ottima e si è rispecchiato nei valori del brand stesso.
Per quanto riguarda lo storytelling dobbiamo considerare la forza attrattiva che il mito fondatore ha sulle persone. Comunicare attraverso la narrazione è una strategia che si esplica anche nell’allestimento degli spazi, nella scelta dei colori che saranno presenti nello space drama, nei suoni, nelle immagini e nell’intero immaginifico sensoriale che un’esperienza di fruizione restituisce all’utente.
Vediamo qualche esempio.
Museo Amarelli
“Alle radici della nostra storia”, recita la home page del sito del museo della liquirizia. Situato a Rossano nella provincia di Cosenza, il museo è un percorso storico millenario che parte dall’anno Mille fino ad arrivare ai giorni nostri. È un luogo che ha saputo rispettare la tradizione, ma ha ben guardato avanti nell’innovazione. Un museo che organizza le sue visite guidate in italiano e in tutte le principali lingue europee, ma offre anche eventi eterogenei per restituire l’azienda al territorio di riferimento.
Figura 1: Profilo Instagram del Museo della liquirizia Amarelli.
I numeri parlano chiaro: dalla sua istituzione nel 2001, il Museo non ha mai avuto visite annuali inferiori alle 30k persone e risulta, a livello nazionale, il secondo museo d’impresa più visitato in Italia. Se si considera che il primo nella graduatoria è il Museo Enzo Ferrari, si capisce bene anche quanto sia importante fare della propria storia un asset strategico competitivo e distintivo.
Mumac – Museo della macchina per caffè
Ancora non è stato riconosciuto come Patrimonio immateriale dell’Umanità, ma sappiamo tutti che il caffè espresso è un’arte. Nell’attesa che il Consorzio di Tutela del Caffè Espresso Italiano Tradizionale riesca in questo nobile obiettivo, godiamoci il Mumac – Museo della macchina per caffè.
Situato a Binasco, nella provincia di Milano, il Mumac è una struttura che presenta una “collezione con centinaia di macchine per caffè espresso e luogo di formazione per professionisti e appassionati; una delle più ricche raccolte di documenti sul caffè e location poliedrica per eventi unici.”
Afferente all’impresa tutta italiana de “La Cimbali”, il museo presenta un’evoluzione del concetto di design della macchina per caffè che passa attraverso le differenti epoche storiche in cui il brand è sempre esistito.
Per ogni modello c’è una storia, un aneddoto, una curiosità che lascia sempre stupiti in maniera positiva. Emblematica e suggestiva è la stanza hi-tech che conclude il tour guidato: uno spazio tutto rosso (che poi è il colore dei brand La Cimbali e Faema) in cui una macchina da caffè è “esplosa” e si presenta in tutta la sua complessità e in tutti i suoi componenti tecnologici: la M100 GT, la macchina del futuro.
Figura 2: Profilo Instagram del Mumac.
Fondazione Prada
Finiamo con un esempio probabilmente tra i più significativi del nostro Paese: Fondazione Prada.
Nata nel 1993 per volontà di Miuccia Prada e Patrizio Bertelli, la sua sede di 20k metri quadrati è il cuore pulsante dell’arte e della cultura della città più europea d’Italia, Milano.
Negli anni ha dato vita a mostre temporanee, progetti permanenti, mostre fotografiche, progetti cinematografici, mostre personali, progetti di architettura e tanto altro ancora. L’arte e il design sono il punto focale dell’azienda Prada, in tutto ciò che fanno e che offrono.
Anche su Instagram si confermano tra i brand più forti e attivi con uno storytelling che è anche molto visual.
L’obiettivo è promuovere l’arte e la cultura attraverso programmi sperimentali e innovativi.
Figura 3: Profilo Instagram della Fondazione Prada.
Molti altri esempi virtuosi e meravigliosi popolano il nostro bel Paese. Dal Museo Piaggio con l’iconica Vespa, al Museo Strega a Benevento, passando per un museo a cielo aperto che è anche marketing territoriale esemplare: Solomeo, il “Borgo dello spirito” di Brunello Cucinelli.
Concludendo, possiamo usare una frase di George Bernard Shaw che forse racchiude bene il senso del perché i brand costituiscano dei musei aziendali per offrire bellezza al pubblico interessato: “Si usano gli specchi per guardarsi il viso, e si usa l’arte per guardarsi l’anima.”
Federico @Muffahh Falvo