Museo Nazionale: forme, colori e ricordi dell’arte

Servizio a cura di Silvia Lanfranchi (@igerslaspezia)

Ed eccoci qui con l’ultima selezione di luglio per Museo Nazionale, la media partnership che ci vede collaborare con Radio 3 Rai. Questa volta abbiamo voluto giocare con forme, colori e ricordi…

imageIniziamo con una scultura con la foto di @claudiames. Questa è una scultura di Giovanni Cappelli, morto nel 1885 ed attivo a Modena nella seconda metà dell’Ottocento, anche come professore all’Accademia di Belle Arti. La foto è stata scattata al Museo Civico di Modena, durante una visita guidata alla scoperta di alcuni pezzi particolari di questo Museo che raccoglie opere d’arte ma anche svariate collezioni archeologiche, etniche, strumenti musicali e tessuti (che si intravedono nelle teche dietro la statua). “Pur non essendo oggetto della visita mi sono fermata a fotografare la statua perché è di uno scultore di cui avevo già visto altre opere sia al Cimitero di Modena (San Cataldo) sia al Palazzo Ducale di Sassuolo (trovi le mani di Psiche in una selezione di Museo Nazionale di qualche settimana fa). Non sarà il Canova, ma le sue statue mi comunicano un misto di dolcezza e malinconia che spero di essere riuscita a immortalare nello scatto!”.

imageLa foto di @carmen.privi ci fa invece fare un tuffo nel passato prossimo: quanti si ricordano i telefoni con la rotella? Questi telefoni, esposti al Museo della Scienza e della Tecnica “nardo da Vinci” di Milano, perché vintage e facenti parti della telefonia del passato, evocano tanti ricordi.. “Un telefono così era a casa dei nonni e tutti insieme, di domenica, si aspettava la telefonata degli zii dall’estero. Per me bambina era un momento di gioia. In particolare, mi ha colpito il telefono rosa a sinistra, dettaglio alquanto frivolo! Perché io amo il rosa e non lo avevo mai visto di quel colore.”

Da Milano andiamo a Cagliari, all’Exma, il Centro Sperimentale per le arti e le culture, un centro espositivo ricavato dagli ambienti di un vecchio mattatoio della città, per la mostra “Pani e madri – la forza generatrice dell’arte”.

La mostra si propone di valorizzare la metafora del pane come forza generatrice della vita e dell’arte stessa accostando il tema della panificazione a quello della maternità. Attraverso le opere di importanti artisti del ‘900 e contemporanei è possibile creare un legame tra la tradizione sarda del pane presente in ogni festa ed evento della vita quotidiana e sociale e l’artigianato artistico moderno.
imageLa foto di @robisgo rappresenta un’opera di Maria Jole Serreli e si intitola “Animas. Il pane della festa”; è un’opera del 2015 ed è un polimaterico su legno con cesto e pane tradizionale. “Mi ha colpito in particolar modo per la centralità del pane della festa tipicamente decorato secondo tradizione.”
La foto di @krabizza, scattata sempre all’Exma, all’interno della mostra “Pani e Madri”, è opera dell’artista Roberto Ruggiu. “Recentemente ho iniziato a fare il pane in casa e a riscoprire la lievitazione naturale, per cui il tema della mostra mi ha subito colpito! Oltre ad ospitare opere di artisti sardi di fama consolidata (Maria Lai, Costantino Nivola, Francesco Ciusa) che hanno in vario modo affrontato il tema della maternità e della panificazione, in senso letterale ma anche metaforico, associando il principio creativo al nutrimento, vi sono incluse opere di artisti contemporanei come Roberto Ruggiu, Maria Jole Serreli, Antonello Carboni, Pinuccio Sciola, e tanti altri, che affrontano il tema della forza generatrice dell’arte sperimentando diversi codici espressivi.”
image“L’opera di Ruggiu è un inconsueto “ready made”: partendo da due oggetti della quotidianità casalinga della tradizione sarda, due grandi cesti in asfodelo o giunco (strex’e fenu, in sardo campidanese), l’artista interviene con delle applicazioni in lana colorata che producono delle intermittenze cromatiche. Al centro inserisce la scritta in nero “ECLIPSES”, che parte dal cestino più piccolo per proseguire in quello più grande. Questa sospensione di senso, che decontestualizza gli oggetti privandoli di un valore prettamente didascalico per offrirne uno di pura forma e colore, è ciò che più mi ha colpito dell’opera di Ruggiu. Una suggestione artistica che dimostra quanta forza creatrice vi possa essere ancora nella tradizione.”

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