Tra la giornata nazionale delle zone umide e la giornata nazionale della nutella bisognerebbe istituire la giornata nazionale a ricordo delle vittime di Orbiting.
Il male del nuovo millennio nasce sui social network, si nutre della nostra voglia di essere desiderati e amplifica la sensazione di abbandono in uno spaventoso vortice condito da frustrazione e arrendevolezza. L’Orbiting, l’evoluzione tecnologica ed approdo diretto del Ghosting.
Partiamo da quest’ultimo, la fenomenologia per cui due persone si frequentano nel lasso di tempo di qualche uscita, dopo di che una delle due decide di sparire nel nulla e di non rispondere più ad alcun messaggio. Da qui la parola Ghosting, fingersi un fantasma. Il film “Ghost” con Demi Moore non c’entra nulla, Patrick Swayze trovò il modo di tornare in vita per rivedere la sua amata per alcuni secondi, i nostri eroi moderni del Ghosting invece no, stoici si trincerano dietro la loro più rivoluzionaria forma di ribellione, l’aver tolto le spunte blu da whatsapp. Nel loro essere scomparsi iniziamo a pensarle tutte, che siano spariti perché inviati in Antartide per condurre delle operazioni di carotaggio o spediti su Marte per rimuovere il pulviscolo dalle telecamere della navicella InSight e altre azioni mirabolanti che impediscano loro di tenere il telefono a portata di mano per poterci rispondere. Eppure non ricordavamo svolgessero dei lavori così impegnativi, fatto sta che ci trasformiamo in una moderna Penelope in preda ad una latente mancanza di dignità che inizia a scrivere l’ennesimo messaggio per poi cancellarlo, in un loop ripetitivo ed angosciante, in attesa di un trillo whatsapp, un direct, un piccione viaggiatore.
L’evoluzione di tutto ciò arriva nel 2016, anno che verrà ricordato non come quello in cui i Brangelina si separano, ma come l’anno in cui il nostro Mark Zuckerberg lancia le Instagram Story e mette la palla al centro nelle nostre relazioni sentimentali. D’ora in poi sarà lui, novello Cupido, a decidere come dobbiamo chattare, come dobbiamo incontrarci, come dobbiamo stalkerarci e come mandarci a quel paese una volta terminato l’idillio. Dimenticate quella bazzecola di Cambridge Analytics, la vera innovazione è l’averci reso disponibile la lista di chi spia le nostre stories. Scorrere il feed di Instagram e guardare le stories sono due attività completamente differenti. La prima potrebbe essere dettata da scrolling compulsivo o da inerzia, mentre che so, attendiamo che la lavatrice termini la centrifuga, la seconda invece è un vero atto cognitivo: tu mi piaci, mi guardi le stories, è matematico che io ti interessi. Ed è qui che la situazione inizia a sfuggirci leggermente di mano, ma leggermente eh. Il copione si ripete, le classiche uscite, cene, sesso, arrivano anche i tag su Instagram, tutto molto bello, quasi perfetto. Quasi, finché sparisce nel nulla, né un messaggio, né una risposta, nulla. Notiamo però che non perde nemmeno una delle nostre stories, le guarda tutte, anche quelle in cui stringiamo il gatto nel cuore della notte a mo’ di cuscino per lenire la sua mancanza. Non capiamo però il perché non ci scriva più per rivederci, del resto “ci guarda tutte le stories“, è ovvio che ci voglia ancora. Come no. Alzi la mano chi ha un amico o un’amica che almeno una volta lo abbia assillato con: “eppure non si perde una mia story, è sempre in cima alle views, non capisco perché non mi chiami”. Tranquilli, ve lo dico in maniera chiara: NON VI RICHIAMERÀ PIÙ.
Ed eccoci giunti alla matrice dei mali odierni, l’Orbiting.

Orbiting, letteralmente orbitare, come i satelliti che orbitano attorno alla Terra senza mai farvi ritorno, così la nostra fiamma inizia ad orbitare attorno a noi visualizzando tutte le nostre stories, ma senza interagire o inviarci messaggi. Perché lo faccia è una domanda a cui nemmeno Carlo Rubbia e Federica Sciarelli saprebbero trovar risposta. Provo a formulare un’ipotesi di tale comportamento: chi orbita è un individuo altamente destabilizzante che usa l’escamotage di essere presente nelle nostre views per attrarre la nostra attenzione, e per farci intendere che tiene in qualche modo a noi, non vuole perderci in maniera definitiva come già fatto nella vita reale e che, rullo di tamburi, potremmo tornare nelle sue mire future, ma non oggi. Una chiara esemplificazione di come non si riesca a curare i propri legami tanto da darli in pasto all’inadeguatezza e all’ incapacità di relazionarsi. Tutto ciò all’inizio fa male, perché, parliamoci chiaro, anno domini 2019, non avere più le sue views è altamente traumatico come quando auscultiamo i suoi battiti e capiamo che non sono più per noi, ed ecco che l’Orbiting è l’effetto placebo più anestetizzante 2.0 della fine annunciata di una passione che è stata, e di un’amore che poteva essere.
L’Orbiting ha completamente alterato e plagiato la fase dell’abbandono, portandolo in un limbo fatto di illusione e frustrazione. Capirne i sintomi è semplice, trovarne la cura è doloroso.
Altra cosa è il fake orbiting, coloro che nonostante ci seguano su Instagram, con lo stesso piglio col quale noi decidiamo di metterci a dieta o di tinteggiare casa, loro decidono invece che sia giunto il momento di tirar fuori dal cassetto quell’ account fake che usavano in gioventù, per iniziare a stalkerare in maniera passiva tutta una serie di persone con le quali hanno rovinato i rapporti, ex fidanzati, ex amici coi quali hanno condiviso bei momenti assieme. Ecco, qui percepisco che nemmeno in una spaghettata tra Crepet, Meluzzi e la Bruzzone si riesca a dipanare la matassa di cotanto sgangherato ingegno. La soluzione molte volte, come la logica insegna, è sempre la più semplice: stiamo parlando di casi umani.
Di fronte a tanta, passatemi il termine, innovazione, non possiamo storcere il naso se Pamela Prati a sessant’anni suonati accetti e ci propini Mark Caltagirone come fidanzato. Pamela ha capito perfettamente che trovarsi un fidanzato in carne ed ossa, con cui: “i figli, la scuola, e mamma fai questo e mamma fai quest’altro e mamma giochiamo, è bellissimo!” sia tanto difficile quanto trovare i 49 milioni della Lega. Per questo io sto con Pamela e non sto con chi fa orbiting.
È triste doverlo constatare, ma i casi umani hanno trovato il loro terreno fertile tra le views delle Instagram Story, e, sinceramente il futuro io me lo immaginavo diverso. Ci avevano promesso le auto volanti, ma l’evoluzione scientifica e antropologica ci ha donato soltanto Mark Caltagirone e una valanga di cazzari.
