Parlando di fotografia con Ferdinando Scianna

igers_firenze-814541040055762249_53620014Immaginate un tiepido pomeriggio di fine estate, un delizioso locale che ricorda la Versilia degli anni ruggenti, dove fotografia e food sono uniti in un binomio perfetto, una moderna locanda quasi centenaria con i muri ricoperti da immagini di fotografi emergenti e non, un luogo accogliente dove ci si può ritrovare per mangiare e per parlare di fotografia. E’ in questo posto magico che e ho avuto il piacere di parlare con Ferdinando Scianna, uno dei più grandi fotografi del ‘900.

 

Invitato nell’ambito del Caffè Corretto, una serie di iniziative create da Chiara Lencioni, che per tutta l’estate hanno portato a La Bottega di Pietrasanta nomi importanti della fotografia internazionale, il Maestro (che non ha bisogno di tante presentazioni) ha parlato di sé, del suo modo di interpretare la fotografia moderna e dei suoi libri: Ti mangio con gli occhi e Visti e Scrittiediti ambedue da Contrasto.

La Bottega
Il giardino de La Bottega

 

La mia grande fortuna, che ho affrontato in un turbine di emozioni contrastanti, è stata quella di poter avere con lui un breve colloquio privato. Persona dai modi affascinanti, dai profondi occhi azzurri, pronto sempre alla battuta in un inconfondibile accento siciliano, ha iniziato il suo racconto partendo dal lontano 1970, analizzando i cambiamenti della fotografia nel corso di questi anni, raccontando la sua esperienza, mai paragonando, ma basando le sue riflessioni sulle differenze di significato attribuito alle immagini dell’era pre e post digitale, ecco un piccolo riassunto del nostro colloquio.

 

Assieme a Bresson, Capa e molti altri grandi, Scianna ha documentato il mondo, ha descritto realtà spesso inaccessibili, guardando al futuro e al progresso con ottimismo. Questo modo di fotografare adesso non esiste più, non vi è più rapporto con i soggetti, le fotografie non raccontano, sempre più spesso parlano di noi, di qualcosa che vogliamo mostrare agli altri, probabilmente la chirurgia plastica stessa è figlia dell’estremo fotoritocco. Sfogliando il libro “Visti e Scritti” ho capito il significato di queste affermazioni. Ritratti di gente comune, di personaggi famosi fotografati anche in pose divertenti, immagini di una vita passata a raccontare spontaneamente senza convenzioni sociali né cliché. In contrapposizione penso all’eccessiva sovraesposizione di soggetti che spesso rappresenta solo la volontà di apparire…questo mi ha fatto riflettere, molto! Ed è proprio la parola realtà che il Maestro ripete più volte, come a voler rafforzare il concetto per cui oggi è la narrazione del vero a essere parte mancante della fotografia moderna…sempre se di fotografia possiamo parlare.

intervista
Ferdinando Scianna, Eleonora Cozzella e Chiara

 

“Probabilmente chiamiamo ancora fotografia qualcosa che, all’atto pratico, non ha più lo stesso significato di una volta”

 

Con l’avvento del digitale e il conseguente abbandono della pellicola si è persa anche la capacità di attendere, la spontaneità dell’immagine, spesso ci lasciamo condizionare dalla nostra continua esigenza di guardare lo scatto sul display perdendo la capacità di preselezionare e intuire l’azione ancora prima che avvenga. lI digitale, sempre secondo Scianna, ha portato anche alla perdita dell’artigianalità, della filiera che iniziava con la scelta del rullino adeguato arrivando allo sviluppo dell’immagine stampata: la sensibilità della pellicola, la filigrana, il fissaggio, l’ingrandimento, magie che nessun software di fotoritocco potrà mai riprodurre. Ogni cambiamento però è caratterizzato da aspetti negativi e da aspetti positivi, tutto sta a saperli cogliere e saper sfruttare queste variazioni a proprio vantaggio. A un giovane fotografo Ferdinando Scianna consiglia di studiare, di scegliere il mezzo fotografico a sé più congeniale e di sfruttare gli strumenti digitali per continuare a diffondere ed esprimere le proprie idee, raccontare gli eventi positivi e il disagio, di essere vivo e partecipe perché non importa il mezzo ma il messaggio che si vuole trasmettere.

 

Alla mia domanda “Conosce Instagram?” ho avuto come risposta “no non lo conosco, ma so che lo usa mia figlia”. Ferdinando Scianna preferisce produrre libri fotografici che passare ore sui social network…ho sorriso perché l’ho immaginato con lo smartphone sempre in mano, sempre a testa bassa e ho pensato a quanto abbia ragione. Chissà quante sue foto ci saremmo persi se fosse stato sempre a testa bassa su uno smartphone… per questo ho sorriso! Ho immaginato questa scena e in cuor mio ho capito che per la fotografia è un bene che Ferdinando Scianna continui a fare foto come ha sempre fatto e per questo non smetterò mai di ringraziarlo.

 

Dopo l’intervista è seguito un incontro pubblico nel giardino de La Bottega (pieno di gente), moderato dalla brava giornalista de L’ Espresso Eleonora Cozzella, durante il quale il Scianna ha parlato con commozione del suo rapporto con l’amico e mentore Leonardo Sciascia, dei suoi libri, della Magnum Photos e del suo primo incontro con Cartier Bresson. Vorrei poter raccontare tutte le esperienze descritte in tre ore di intervento, un lasso di tempo volato via alternato da ricordi e battute in siciliano, preferisco però concludere con una sua frase che mi ha profondamente colpito:

Autografo

 

 

“il mestiere del fotografo è un mestiere fatto con i piedi”

 

chiedetevi perché… la risposta non è banale come può sembrare!

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