Verona Half Marathon: il giorno dopo

foto @morenaemme

Servizio a cura di Leonardo D’Imporzano (@igerslaspezia)

La sera prima di una competizione dormi male. Continui a rigirarti nel letto in uno stato di semi-veglia, continuando a chiederti se sei pronto, sei riuscirai a finirla, se riuscirai a stare nei tempi, se quel dolore piccolo, piccolissimo che senti in quel muscolo domani si riproporrà con una intensità maggiore, ma soprattutto ti chiedi come mai, ancora una volta, ci sei ricascato. È questo l’ultimo pensiero che ti assale quando finalmente riesci a prendere sonno in quell’ultimo quarto d’ora che manca alla sveglia. E mentre il sole inizia debolmente e lentamente a fare capolino sui tetti della città, ti appresti a sentire la milza che duole, i polmoni che chiedono aria, le gambe che bruciano per un intervallo di tempo che oscillerà tra le due, quattro, otto ore, a seconda della lunghezza del percorso e delle intemperie che incontrerai lungo lo stesso. Ti alzi infine dal letto e nell’oscurità ti vesti come un guerriero che si prepara alla propria battaglia raccogliendo la roba nell’esatto ordine nel quale l’hai disposta in un ultimo, definitivo controllo dell’equipaggiamento.

Un equipaggiamento che non è all’ultima moda, che non ha il cartellino del negozio appena staccato, ma viene dal fondo del cassetto, dove tieni gli oggetti usati, provati, amati e portafortuna. Quello che è stato fatto in questi mesi come allenamento è nelle gambe, nel cuore e soprattutto nella testa, e fra poco, non c’è più nulla e nessuno a cui mentire. Solo il tempo, che correrà inesorabile, sarà l’unico giudice di quello che hai fatto. Sulla linea di partenza si respira un misto di adrenalina, tensione e olio di canfora, ci si scalda svogliatamente e più per non pensare che per effettiva utilità. Poi si parte e si va. Un passo dietro l’altro. Senza fermarsi. Con il respiro regolare, un occhio alla strada e con la coda dell’occhio a “sbirciare” i minuti per chilometro. La fatica che avanza, il ripetersi mentalmente “mai più…mai più..mai più!” sino al cartello dell’ultimo
chilometro e allora ecco che risale l’adrenalina, si trova quel residuo di energia che sembrava già spremuto e via, un ultimo lungo scatto sin sotto la linea del traguardo. Infine il sorriso per avercela fatta, per aver centrato il proprio obiettivo, le pacche e gli abbracci sudati, i sorrisi dispensati a destra e a manca e pensare che in fondo, non vedi l’ora di riprovarci di nuovo, di metterti ancora una volta, l’ennesima, in gioco ancor prima che il cuore abbia recuperato il proprio ritmo.

Il dreamteam di Igersitalia alla Verona Half Marathon. Foto @morenaemme
Il dreamteam di Igersitalia alla Verona Half Marathon. Foto @morenaemme

Ogni storia è più o meno simile. Noi a Verona ci siamo divertiti, abbiamo scherzato sul ruolo di neo “Giulietta&Romeo”.  Milena si è messa in gioco tanto, tantissimo. Diventando giorno dopo giorno sempre più un vera runner. Io ho “bluffato”, con un piede messo veramente male e per il quale ho passato più tempo dal fisioterapista che sull’asfalto a macinare chilometri. Nel mezzo abbiamo postato foto da una parte all’altra dell’Italia, guardando entrambi il mare, lei più al sole e io più alla neve, mentre nel mezzo, nel ruolo di “Mercuzio”, un Orazio che ha messo insieme questo storytelling e ci ha accompagnato nell’avventura.

Un doveroso ringraziamento va ovviamente a lui e alla Brooks, partner del progetto. Un’azienda che quest’anno festeggia i cento anni dalla sua fondazione e che ha confezionato un prodotto davvero bello che abbiamo testato durante gli allenamenti e durante la competizione. Un ringraziamento anche agli amici di @igersveneto e @igersverona che hanno sfidato il meteo davvero avverso pur di “celebrare” con il loro instameet “Romeo&Giulietta”.

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