Tra i partner della VII Assemblea Igersitalia, c’è Catacombe di Napoli, dove tra l’altro sarà svolto dagli Igers, uno dei due tour previsti nella mattinata di sabato 21 settembre.
Abbiamo chiesto a Vincenzo Porzio, responsabile della comunicazione, di parlarci del progetto Catacombe che non si limita ad essere un “semplice” sito archeologico, ma racchiude tante storie, l’amore verso la propria città e un progetto molto più articolato, lungo quanto incisivo, di rivalutazione e riqualificazione di un intero quartiere, un modello che è oggetto di studio in internazionale: il Rione Sanità di Napoli.
Ecco cosa ci racconta Vincenzo:
Raccontare del nostro percorso qui al Rione Sanità negli ultimi dieci anni non è semplice.
Raccontare la passione, il desiderio, la fede in qualcosa che non sembra possibile ma appare solo vagamente immaginabile, non è semplice.
Non lo è forse perché il risultato raggiunto è frutto di un lavoro incessante e testardo che vede protagonisti i ragazzi del quartiere che, poco più che ragazzini, si fidano della tenacia incrollabile di Antonio Loffredo, il parroco del quartiere.
Un gruppo di ragazzi nati in un piccolo fazzoletto di terra nel cuore della città di Napoli, un luogo che la storia ha trasformato, da centro nevralgico e culturale, in una vera e propria periferia urbana, un ghetto che riposa abbandonato sotto il ponte che lo sovrasta.
Ecco che questi ragazzi, senza fretta ma senza sosta, si rendono conto della sconfinata ricchezza che il territorio, schiacciato dalla criminalità e dalla povertà, ormai da secoli custodisce.
Chiese, basiliche, due catacombe, palazzi antichi e vicoli affollati si dimostrano l’occasione reale e concreta per trasformare quello che sembrava non potesse essere trasformato.
Comincia così un percorso che mira alla riapertura di spazi abbandonati per trasformarli in luoghi di rinascita economica e culturale.
Con lo scopo di trasformare la redditività in generatività, consapevoli del fatto che non vi può essere reale possibilità di sviluppo se non si parte dalla cura dell’essere umano.
La forma della cooperazione scelta dai ragazzi porta alla nascita della Cooperativa la Paranza che nel 2009 prende in gestione le Catacombe di Napoli fino a quel momento chiuse e sconosciute al resto della città.
Attorno al lavoro di un piccolo gruppo le Catacombe nel corso di dieci anni raggiungono dei risultati incredibili.
Cinque volontari diventano più di 35 lavoratori dipendenti, poche centinaia di visitatori l’anno si trasformano in 130 mila visitatori raggiunti nel 2018 e una crescita del 25% nel 2019.
L’incredibile numero di persone raggiunte permette piano piano al quartiere di rinascere.
Rifiorisce il commercio, il quartiere piano piano si rivela ai napoletani e ai turisti di tutto il mondo.
Ma i ragazzi della cooperativa la Paranza non sono soli.
Insieme ad altre cooperative e numerosi enti qualche anno dopo nasce la Fondazione di comunità San Gennaro con l’obiettivo di racchiudere al suo interno le numerose realtà che contribuiscono quotidianamente alla rinascita del quartiere.
Una casa famiglia, un’educativa territoriale per i ragazzi, due gruppi di teatro, un’orchestra sinfonica, una palestra di boxe, un’associazione per i ragazzi diversamente abili, una per le donne del quartiere.
Una crescita felice che si impegna ad agire nel rispetto di un economia sociale, con l’obiettivo di valorizzare in primo luogo l’essere umano.
Investire nelle pietre scartate per trasformarle in testata d’angolo al fine di dare una concreta possibilità a chi credeva di non averne alcuna.
L’obiettivo, apparentemente ambizioso e folle, si è rivelato possibile.
Dal primo momento è apparso chiaramente come, nell’istante in cui veniva offerta una concreta possibilità di riscatto, perdevano di senso i discorsi retorici sui cd “ragazzi difficili” ma diventava improvvisamente semplice trasformarli in ragazzi appassionati, pieni di vita, capaci.
Sorridiamo fieri quando qualcuno ci chiede di spiegare le ragioni del successo di quello che ora chiamano il “Modello Sanità”.
Dialogo, forse, ci viene da rispondere.
Dialogo tra territorio e abitanti, sussidiarietà e prossimità, capacità di intravedere nelle ferite delle feritoie.
Amore per la propria terra e volontà di impegnarsi in prima persona senza delegare necessariamente a qualcun altro in altro luogo.
Non è un caso dunque la scelta dello strumento giuridico della cooperazione e della Fondazione di Comunità che sin dal primo momento si sono rivelati i migliori strumenti per un percorso dove invertire il paradigma dell’homo homini lupus e trasformarlo in homo homini amicus.
La Fondazione di Comunità San Gennaro ha infatti rappresentato il modo giusto per permettere a commercianti, enti non profit, altre fondazioni e piccole e grandi realtà, di dialogare con efficienza e intesa nell’ottica di un progresso comune.
L’impegno dimostrato negli ultimi anni ha riguardato anche la rigenerazione urbana attraverso importanti interventi architettonici e infrastrutturali in tutto il quartiere fino ad una viva collaborazione con il Dipartimento di Architettura della Federico II.
Siamo ogni giorno più convinti della necessità di guardare al progresso economico come strettamente legato al progresso e allo sviluppo umano.
Non vi è reale crescita senza prima aver risposto alla domanda più importante di tutti.
Cosa ci rende felici? Cosa contribuisce a dare senso al nostro agire?
In questa terra dolente e nei suoi figli combattivi noi abbiamo trovato il senso.
Ed è una strada che non percorriamo mai da soli.