Zero sfumature di #curvy

Servizio cura di Ivano Eberini e Nicola Carmignani

Un metodo di ricerca delle immagini molto utile ed efficiente su Instagram è quello basato sugli hashtag. Questo approccio restituisce come risultato un set di immagini che trattano di un tema specifico. La funzione degli hashtag è duplice: permettono di cercare con semplicità immagini collegate a un particolare argomento e, contemporaneamente, aiutano chi pubblica a ottenere maggiore visibilità per il proprio scatto e profilo.

A voler essere benevoli, possiamo dire che le strategie per ottenere attenzione su Instagram non sono tutte esattamente basate sulla cultura e su scelte di qualità, che, a differenza dell’accesso ai social, non sono proprio alla portata di tutti. Così, cercando l’hashtag #curvy, si trovava una nutrita serie di fotografie ammiccanti e piuttosto esplicite, che contravvenivano alle linee guida sulla nudità del gruppo Facebook Inc. Questione che è stata confermata da un portavoce dell’azienda durante un’intervista. Lo stesso ha tenuto anche a precisare che tale provvedimento non è indirizzato verso il significato proprio del termine curvy e le forme voluttuose di certe donne.

Instagram censura le #curvyQuindi niente contro le ‘formosette’, tanto che lo stesso gruppo sembra preoccuparsi molto anche degli stereotipi imposti dal bombardamento di immagini artefatte e patinate di donne surreali. Avete mai provato a cercare gli hashtag #thin oppure #skinny? Prima di consentirvi di visualizzare i risultati, Instagram vi avverte con un piccolo pop-up che le fotografie che soddisfano questa ricerca “possono contenere immagini forti”. Il social ci suggerisce che per avere assistenza sui disturbi dell’alimentazione basta toccare la scritta “Maggiori informazioni”. In questo modo compare immediatamente una sezione del sito help.instagram.com, intitolata: Informazioni sui disturbi alimentari, nella quale si possono leggere le sottosezioni: Segnali, Suggerimenti e Risorse, che però indirizzano il lettore a centri di assistenza inglesi o addirittura extraeuropei.

Lodevole iniziativa, se non fosse che lascia l’impressione di essere un modo per apparire ‘politically correct’, scaricando una parte della colpa che tutti abbiamo su questa questione. Continuare a proporre uno stereotipo dannoso come quello della donna esile ed emaciata, come avviene frequentemente nella pubblicità e nella moda, ha un effetto devastante su giovani adolescenti in crescita, che combattono quotidianamente contro la propria insicurezza.

Zero sfumature di #curvyCosa si potrebbe fare? Dedicare seriamente alcune risorse all’organizzazione di iniziative di sensibilizzazione e di educazione (anche social) a proposito dei disturbi alimentari e a proposito degli stereotipi che da anni siamo obbligati ad assorbire dalla pubblicità e dalla moda (entrambi settori di rilievo nella clientela di Facebook Inc.). Facebook stesso ci insegna che sui social vince la brevità e, per ovvi motivi connessi, la superficialità, ma non è con un disclaimer, che pare una guida alle difficoltà di login su Instagram, che si aiutano le persone ad ammettere e a curare un disturbo alimentare. Così si fa un’operazione poco utile e cosmetica, superficiale e frivola, quando attraverso iniziative serie, ben visibili e sul lungo termine, potremmo iniziare a cambiare realmente le cose.

Volete una conferma della finitura squisitamente cosmetica di queste operazioni? #curvy è un hashtag vietato, perché veicola la nudità, che è contraria alle linee guida del gruppo Facebook Inc.? Avete cercato #vaginas? Ne volete un’altra? Il centro di riferimento più vicino per i disturbi alimentari, riportato nel testo in lingua italiana, si trova in Inghilterra.

Quando il cerotto è più grande della ferita.

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