Intervista a Douglas di Max&Douglas, giurato del Premio Igersitalia 2018

 

Dopo Max Schenetti, proviamo a confrontarci con Douglas (@daghino) l’altra metà di @maxanddouglas:

 

Siete una “coppia fotografica” tra le più consolidate e famose. Avete un processo, flusso di lavoro prestabilito?

Siamo fortemente condizionati dal nostro passato.

Abbiamo avuto la fortuna di incominciare la nostra collaborazione quando la fotografia analogica la faceva ancora da padrona. In particolare insieme abbiamo sperimentato moltissimo utilizzando banchi ottici con Polaroid 20×25 ritraendo i nostri primi soggetti con la tecnica della luce pennellata. Non era possibile scattare un immagine al volo. Bisognava confrontarsi nella scelta migliore dell’inquadratura, entrare fisicamente nell’immagine per illuminare anche il piu’ piccolo particolare. Ognuno di noi aveva una zona di competenza che doveva poi fondersi perfettamente con quella occupata dall’altro.

Questa esperienza è stata poi, con l’avvento del digitale, portata davanti ad un monitor.

Lo scopo rimaneva lo stesso. Con l’aiuto della postproduzione riuscire a fondere la visione di entrambe nella realizzazione di un immagine unica.

 

Avete scelto per i vostri lavori una medio formato, quali sono i vantaggi che vi hanno indirizzato verso questo tipo di macchina fotografica?

Con l’avvento del digitale la necessità e stata quella di avere dei file performanti, che ci permettessero da una parte, di ritornare ad un approccio fotografico più tradizionale, dall’altra di  poter stravolgere le immagini in base alla nostra visione senza però perdere in definizione e qualità. Il medio formato era il giusto compromesso per le nostre esigenze.

 

Ritratto più difficile e quello che ti ha dato più soddisfazione ?

In generale non è semplice definire un ritratto difficile o facile.

La nostra esperienza ci ha portato ad avere una certa sicurezza in fase di realizzazione riuscendo sempre a portare a casa un risultato.

Altra cosa invece è la soddisfazione personale. Questa  dipende molto dal feeling che si riesce ad instaurare con il soggetto e, guarda caso, più’ questo riesce ad essere  profondo ed intimo e più l’immagine che ne scaturirà sarà riuscita.

Il ritratto che ci ha dato più soddisfazione è sicuramente quello di Ben Harper. per quello che è successo in quello studio una domenica qualunque….

ti allego il post che lo descrive perfettamente:

“Domenica. Pomeriggio. L’amico Alberto Lanini ci lascia le chiavi dell'(oramai ex) studio 117.

Se devi lavorare con una star internazionale ti aspetti che si presenti con almeno un paio di guardie del corpo, a bordo di una limousine blindata e con una decina di persone del suo entourage. Come minimo.

Ben Harper, invece, appare in studio completamente solo (ma come diavolo è arrivato?!?). Giro di presentazioni (velocissimo, visto che siamo solo noi tre). Iniziamo?

Giusto un attimo per sistemarsi (da solo) due riccioli fuori posto con un pettine a denti stretti e BEN HARPER ( sì, lui, quello che vende milioni di dischi in un tutto il mondo) è a nostra completa disposizione.

Non fa una piega, MAI. Qualunque nostra richiesta viene accolta con sorrisi e simpatia il che, sinceramente, ci mette ancora più in imbarazzo, abituati a ben altro genere di persone…

“Scusate un attimo posso prendere la chitarra?”

Si capisce subito perché un artista come lui riesca ad avere così tanto successo nella vita.

La PASSIONE in quello che fa.

Non capiamo se sia meglio continuare a fotografare o smettere ed ascoltare un tipo di nome BEN HARPER che suona in uno studio vuoto praticamente solo per noi. Per lo meno così ci è sempre piaciuto pensare.Momenti surreali della vita in cui ci si ritrova raramente e che legati al carisma e alla sensibilità di certi incontri rendono questo lavoro così straordinariamente interessante e gratificante. Magari non sempre dal punto di vista economico, sicuramente da quello umano.

Shooting finito.

Arriva ( purtroppo ) il momento dei saluti.

Ci rimane della giornata l’aver incontrato un ragazzo speciale ed un CD con la scritta: “Hey guys, you are the best”. Firmato BEN HARPER.”

 

Dai un consiglio a chi vuole iniziare a fare ritratto ?

Sicuramente essere curiosi.

Il ritratto è una fetta della fotografia, un ramo, una piccola parte di tutte le immagini che vengono prodotte quotidianamente.

Siamo convinti però che sia uno degli argomenti più affascinanti da affrontare perché si parla di esseri umani.

La sessione fotografica è innanzi tutto la conoscenza di un’altra persona, un rapportarsi sia fisicamente che psicologicamente ad un altro individuo.

Crea rapporti, a volte molto brevi a volte più duraturi. E’ fondamentale la nostra curiosità nel capire cosa questo individuo possa trasmetterci o possa condividere con noi. Indagarlo, coglierne gli aspetti più intimi e rapportarli al nostro modo di essere.

Essere convinti che ogni persona che si incontri nella vita possa, attraverso la sua personalità, farci migliorare la nostra.

 

Oltre al vostro account ufficiale, utilizzate Instagram personalmente ? Che  rapporto avete con la “fotografia social” ed, in particolare, con Instagram?

Certamente. per me è uno spazio di appunti personali, l’espressione di una fotografia totalmente svincolata dal lavoro professionale. Difficilmente ritraggo delle persone, cambio spesso gusto estetico in base alle fasi umorali della vita. Mi piace raccontare momenti ed atmosfere che mi appartengono e mi circondano.

Instagram è per me una fonte inesauribile di ispirazione, amo osservare soprattutto profili non professionali caratterizzati da uno stile espressivo forte. Questo mi fa capire quanto la fotografia sia importante nell’espressione sentimentale di un individuo.

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