le “meravigliose imperfezioni” e le “spettacolari normalità” dello #staymperfetta

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Negli ultimi tempi, molti blogger, influencer e content creator hanno dimostrato una particolare attenzione al desiderio di affrontare temi e questioni d’importanza sociale, come è in larga diffusione la creazione di canali e account che come obiettivo abbiano proprio questo tipo di narrazione. E non è la prima volta che Igers Italia pone l’accento sull’utilizzo del web, e di Instagram in particolare, quale piattaforma prediletta per questo genere di racconto e di analisi. Proprio per questo, abbiamo incontrato Stefania Cipriani, alias @l_ago_nel_pagliaio, una psicologa-psicoterapeuta che ci ha raccontato, in questa lunga intervista, di come oltre a condividere le proprie passioni – i social sono pur sempre un mezzo per interagire e discutere di piacevoli abitudini ed esperienze –  abbia deciso di intraprendere un percorso molto più difficile: portare le sue competenze professionali in primo piano, per trattare temi della fragilità umana, con creatività, coinvolgimento e tanta delicatezza. Al motto di #staymperfetta.

Ciao Stefania. Se dovessi presentarti con tre aggettivi, come ti definiresti?

È difficile scegliere tre aggettivi, ma le sfide mi piacciono e allora dico: sensibile, curiosa, testarda. Da brava Ariete quando mi metto in testa un obiettivo lo perseguo finché non lo raggiungo.

I social non sono solo una passione, ma anche un mezzo molto importante che hai deciso di utilizzare per promuovere il tuo lavoro. Ti va di raccontarci di cosa ti occupi?

Sono una psicologa-psicoterapeuta e, pur facendo consulenze che spaziano in vari campi, mi occupo primariamente di adolescenza, sia nelle scuole che in studio privato. Lavorare con gli adolescenti è come stare perennemente sulle montagne russe, ma è talmente bello che non voglio proprio scendere!

Perché come nickname hai scelto proprio “L’ago nel pagliaio”?

È il titolo di una storia che ho scritto e tengo gelosamente nel cassetto. E’ un’immagine che mi sta molto a cuore e mi ricorda mia nonna Angela. Lei era una donna incredibile che mi ha insegnato che niente è impossibile e che, se lo vogliamo davvero, possiamo trovare il famoso ago. La sfida che ho accolto aprendo un profilo su Instagram è questa: farlo diventare uno strumento di divulgazione, informazione, markette-free, uno spazio fatto di persone in carne, ossa e cuore. E lo sai? Ho scoperto che il pagliaio è pieno di meravigliose sorprese e persone incredibili.

Che cosa significa “consegnare lettere d’amore in giro per il mondo”? E’ quello che si legge sulla home page del tuo canale Instagram.

Tutto è iniziato per gioco. In una delle mie rubriche stavo parlando di amore e contemporaneamente organizzavo uno dei miei viaggi in Spagna, a Siviglia. Una pagina del turismo Spagnolo mi ha segnalato la “Glorieta de Becquer”: un posto magico dove a Siviglia gli innamorati di tutto il mondo consegnano le loro lettere e le loro pene d’amore. Mi si è accesa la lampadina: ho chiesto alle persone che mi seguono di raccontarmi le loro storie d’amore e scrivere insieme a me delle lettere da consegnare proprio in quella cassetta postale dei cuori infranti. E’ stato un “viaggio” incredibile. Ha avuto così tanto successo che seguiranno altre tappe: la prossima non poteva che essere Verona, città dell’amore travagliato per eccellenza.

Su questo, inoltre, spazi molto tra una specie di confort zone in cui racconti di te e delle tue passioni personali, a una in cui ti dedichi all’affrontare tematiche molto importanti. Perché hai scelto proprio Instagram come canale preferenziale per discutere di temi spesso anche molto delicati?

Instagram l’ho conosciuto grazie ai miei alunni: mi dicevano che se non avevo un profilo ero fuori dal mondo. E allora mi sono detta: come faccio a pretendere di lavorare con gli adolescenti senza conoscere il loro mondo, senza parlare la loro lingua? Ho pensato a lungo alla possibilità di trattare argomenti complessi e, diciamocelo pure, a volte scomodi, ma alla fine ho deciso di provare, a piccoli passi, testando la reazione di chi mi seguiva e calibrando il tiro strada facendo. Ascolto sempre quello che mi dicono o mi propongono le persone che mi seguono perché è grazie a loro che ho potuto creare nuove rubriche e conoscere persone speciali. L’interazione e la qualità dei contenuti sono per me la base da cui partire.

Instagram è da alcuni definito come il “social della felicità”, dove si cerca di apparire – spesso anche forzatamente – sempre al top dell’umore e delle esperienze vissute: secondo la tua esperienza, in che modo questo può influire sulla vita reale dei follower, soprattutto su chi è alla continua ricerca di una sorta di affermazione personale sui social?

Purtroppo dobbiamo fare i conti con questo aspetto dei social. Offrono la possibilità di creare un personaggio e questo è un canto delle sirene allettante. È per questo che ho creato l’hashtag #staymperfetta, per permettere alle persone di poter raccontare ed essere fiere delle loro meravigliose imperfezioni, che poi è ciò che ci rende umani. Vorrei che ognuno di noi potesse vivere le proprie fragilità, una imperfezione fisica, una giornata storta come qualcosa di speciale che ci rende unici e inimitabili, in un mondo di perfezione artificiosa e ideali irraggiungibili e fittizi.

In questo ultimo anno si sta parlando molto della Sindrome “FOMO” (Fear Of Missing Out): una forma d’ansia da prestazione, riversatasi sui social, che pare stia colpendo soprattutto i giovanissimi – ma non solo. Qual è il tuo parere in merito?

Questo è un argomento che sto affrontando spesso nel mio lavoro e proprio in questi giorni Debora Dusina, che mette il cuore nella sua rubrica di Instagram “In vino Social”, mi ha chiesto di essere sua ospite per parlare proprio di FOMO. Affronteremo l’argomento e faremo interagire il “pubblico” lanciando una challenge provocatoria. Non vedo l’ora di scoprire come andrà a finire! La smania del voler essere sempre connessi, la compulsione alla ricerca del riconoscimento sociale che passa attraverso i like è un fenomeno che mi preoccupa molto, specialmente perché lavorando con gli adolescenti, lo tocco con mano, tutti i giorni, soprattutto nelle scuole. Sembra che se sei disconnesso non esisti, vieni tagliato fuori dalla vita e, invece, non ti rendi conto che è la vita a tagliarti fuori. Purtroppo quello che facciamo sul piano virtuale può avere delle ripercussioni potenti e negative nella vita reale, ma non tutti ne sono ancora pienamente consapevoli. Credo che il virtuale possa essere croce o delizia a seconda dell’uso che se ne fa: per quanto mi riguarda sono felice di aver creato rapporti di amicizia, intrecciato collaborazioni per progetti, preso caffè e fatto passeggiate reali che sono state la dimostrazione che, forse, si può costruire qualcosa di autentico anche in contesti come questo.

“Meravigliose imperfezioni” e “spettacolari normalità”: queste due frasi si legano all’hashtag #stayimperfetta, da te promosso. Posso azzardare l’ipotesi che quest’etichetta nasca anche come conseguenza di questo tipo di considerazioni? E cosa racconta, nello specifico?

Come dicevo, si tratta di un hashtag dal sapore irriverente su una piattaforma come Instagram, ne sono consapevole, ma forse proprio per questo mi ci sto affezionando. L’ho creato per far capire alle persone che se fossimo tutti perfetti la vita sarebbe una gran noia! E, invece, guarda come siamo interessanti così, con le nostre imperfezioni che ci rendono unici. A questo hashtag sono legate delle “Lettere imperfette” che scrivo e spedisco personalmente in occasione di momenti speciali (per esempio le ho inviate a chi ha utilizzato per primo questo hashtag, al post con l’imperfezione più emozionante, a quello con l’imperfezione più “coraggiosa” ecc.). La cosa che più mi ha commosso è stata la risposta delle persone, il loro aprire gli occhi ad una bellezza imperfettamente meravigliosa, quella delle piccole cose di tutti i giorni, quella del proprio corpo, delle proprie emozioni, delle proprie fragilità, il loro aprire le braccia ad una giornata storta.

Tra i tanti temi di discussione da te trattati su Instagram, anche uno molto particolare, di cui molto spesso è davvero complesso parlarne anche off line: i disturbi alimentari. Come mai questa scelta?

È stato un argomento sofferto e per questo mi sono confrontata con tante persone e colleghi prima di cominciare. La spinta decisiva mi è arrivata dal dibattito sorto intorno alle diete proposte online che spingono alla restrittività, all’uso di “bibitoni” di vario tipo o addirittura alla pratica del digiuno indiscriminato. La viralità del pensiero ossessivo al cibo mi ha fatto pensare che forse sarebbe stato utile e importante fare chiarezza su un argomento tanto delicato come quello della salute ed utilizzare anche questo social per esporre il mio punto di vista. È un argomento spinoso ma il riscontro da parte delle persone mi ha spinto a continuare: per fortuna comincia ad emergere una certa stanchezza di diete ad hoc finalizzate alla pubblicizzazione di prodotti ed una ricerca di risposte concrete e professionalità.

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[𝐕𝐞𝐧𝐞𝐫𝐝ì 𝟐𝟏.𝟑𝟎] 36 ore. Solo acqua. Di nuovo. Dopo i primi momenti di fiacca paradossalmente mi sento un leone. Ho pieno controllo del mio corpo, posso manipolarlo a mio piacimento. Come loro. Dicevano in direct che mi sarei sentita bene, rinata. Posso diventare come loro…posso? Se domani mi sveglio e non ho fame ho vinto. Se mi sveglio e ho fame, ma riesco a controllarmi, ho vinto due volte. Non devo pensarci. Crollo in un sonno profondo, almeno non penso al cibo. [𝐒𝐚𝐛𝐚𝐭𝐨 𝟎𝟗.𝟒𝟎] Cos'è questo freddo? Forse la caldaia si è bloccata di nuovo. Sento mia madre ai piedi del letto che piange. Mi alzo e chiedo cosa è successo. Non mi risponde. Alzo la voce. Niente, fissa il letto…nel letto il mio corpo che forse solo adesso con terrore vedo per la prima volta. Riesco a contare le costole e il viso scavato non è della persona che credevo di essere. Ecco cosa vedevano gli altri. Sono io. Ero io. ◇◇◇ Ho pensato a lungo a come presentare la mia 🅁🅄🄱🅁🄸🄲🄰 sui Disturbi del Comportamento Alimentare. Dare voce alle tante persone incontrate in questi anni è il mio modo per ringraziarle e rimanere sulla soglia…in punta di piedi. ◇◇◇ . . . . . #staymperfetta #psicologiaebenessere #disturbialimentari #disturbialimentarirecovery #eatingdisorderecovery #dca #noaidca #anoressiaitalia #bulimiaitalia #bingeeating #bigoressia #ortoressia #inspiremyinstagram #brightfluencer #portrait_vision #portraitphotography #postthepeople #inspiretoaspire #thatautenticfeeling #mentalhealth #faidellordinariounapoesia #girlportrait #girlssupportgirls #girlsinspo #lavitainunoscatto #storytelling

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Che risposta c’è da parte dei tuoi follower? Sono giunte testimonianze o richieste di aiuto a riguardo?

La cosa che più mi ha colpito sono state le loro domande: numerose, specifiche, interessanti, tanto da richiedere la creazione di uno spazio che ho chiamato “Domande nel piatto” all’interno del quale ho risposto alle domande sui DCA. Insieme alle domande ho ricevuto anche tante storie e richieste di aiuto alle quali cerco sempre di rispondere con tutta la delicatezza che meritano: questo è un mondo virtuale, ok, ma le persone che mi contattano per me sono concrete ed io le metto sempre al primo posto.

Quanto delle attività proposte sul tuo canale Instagram è servito anche come attività di personal branding?

Devo dire che all’inizio ho aperto il profilo senza nemmeno specificare la mia professione. Solo ultimamente, proponendo rubriche più specificatamente psicologiche, ho cominciato a raccontare la mia professione ma…Stefania-Persona è sempre qui, in primo piano. Mi piace pensare che quando qualcuno capita sul mio profilo per prima cosa veda il cuore a dargli il benvenuto.

Continuerai a gestire il tuo canale coniugando passioni e professione?

Il mio canale sta vivendo una evoluzione in cui fortunatamente mi rispecchio e devo dire che trovo molto stimolante utilizzarlo per veicolare dei messaggi socialmente utili, legati alla prevenzione, alla promozione della salute. Continuerò a dare spazio a chi mi segue ed alle loro proposte perché credo che “l’analisi della domanda” sia uno strumento essenziale anche in un contesto come questo. E non posso che concludere con un “Grazie”.

E noi non possiamo che ringraziare te, Stefania, per averci permesso di entrare in punta di piedi nel tuo mondo, così prepotentemente ricco di spunti di riflessione.

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