Le linee rosse da non superare sui social. La sicurezza online che su Instagram e Facebook non c’è

A quanto pare lo scandalo di Cambridge Analytica non è ancora stato compreso dai più. Nella maggior parte delle occasioni, gli utenti non dispongono del controllo sui dati che condividono sulle piattaforme digitali, è bene saperlo. Il miglior consiglio che possiamo dare è di non tenerli visibili al pubblico, perché la sicurezza online non è affatto garantita.

L’86,4% degli italiani è internauta e il 72,8% dell’intera popolazione è utente attivo di social network (Digital Global Report 2022).

I social network sono mezzi per condividere, acquisire e gestire dati personali degli utenti che non ne possiedono il controllo nella maggior parte dei casi, ma soprattutto di cui non ne hanno alcuna cognizione. L’uso responsabile, che presuppone consapevolezza, è fondamentale per garantirsi il maggior livello di sicurezza online possibile ed evitare frodi e furti di identità.

Sebbene a prima vista queste piattaforme possano sembrare gratuite, in verità non lo sono. È un concetto che oggi dovrebbe essere già chiaro e assodato per tutti, purtroppo non è così. Il prezzo che paghiamo per questo pseudo-uso gratuito sono i nostri dati personali: genere, età, situazione sentimentale, gusti, interessi, familiari…

Con tutte queste informazioni, Facebook, la rete che espone i suoi utenti più di ogni altra, può fare grandi vendite con qualsiasi potenziale inserzionista. Ciò che accade realmente è che, senza accorgercene, non solo siamo utenti, bensì, grazie ai dati che regaliamo gratuitamente, ci siamo trasformati in prodotti veri e propri, che portano succulenti benefici a chi ci possiede.

“Queste applicazioni non sono mai gratuite: vendono i nostri dati ad altre aziende”

Questi dati sono un pezzo chiave per il furto dell’identità, per questo è raccomandabile occultare le nostre informazioni e limitare la visualizzazione delle pubblicazioni, album di foto, liste dei contatti o gruppi che seguiamo solo a pochissime persone. Per poter aprire un profilo non è necessario portare la nostra vita reale online.

Al fine di preservare la nostra sicurezza online è importante marcare precise linee rosse che non è opportuno sorpassare. Alcune sono piuttosto scontate, come per esempio non condividere l’indirizzo di casa oppure pubblicare di essere a cena fuori o a un concerto o in vacanza, rendendo pubblica l’ubicazione in tempo reale, diventa un preciso indizio che non siamo in casa e ciò potrebbe esporci a ricevere visite indesiderate.

Tra tutti i social network, quelle che raccolgono più dati ed espongono i suoi utenti sono Facebook e Instagram.

Altre precauzioni meno ovvie: andrebbe fatta attenzione a ciò che diciamo o mostriamo del nostro lavoro e, allo stesso modo, bisogna essere cauti con i contenuti relazionati con ciò che pensiamo o proviamo. Tutto ciò che riguarda politica, religione o qualsiasi altro tema controverso, potrebbe rappresentare un ostacolo durante la ricerca di un lavoro.

Se il social lo permette, è altamente consigliabile mantenere il proprio profilo privato ed essere consapevole di chi vi accede. Dovremmo poter dare un nome e una faccia a tutti, in particolar modo nel momento in cui pubblichiamo contenuti sui nostri figli o sui minori in generale. Bisogna riflettere se vogliamo che i nostri figli vengano riconosciuti per strada, se vogliamo mostrare i loro visi o le loro uniformi, perché anche queste ultime possono essere identificative di un posto ben preciso.

Un’altra ingenuità che spesso viene commessa riguarda l’installazione di app di terze parti ruba dati. Prima di scaricare un’app che millanta di offrirvi speciali insight, leggete bene i termini e le condizioni di utilizzo per sapere esattamente a chi state aprendo le porte di casa. Qui vi raccontiamo un caso.

In ultimo, è importante essere sempre coscienti che, nonostante si abbia la possibilità di cancellare l’informazione, a volte è impossibile evitare che qualcuno faccia uno screenshot di ciò che pubblichiamo e ricondivida in altri canali.

Quanto ci espone ciascun social network?

Facebook. È la rete che ha più dati in assoluto: luogo di residenza, lavoro e studi, situazione sentimentale, familiari, telefono e indirizzo email, religione, sesso, data di nascita. Attraverso l’app Messenger, si può verificare l’ultima attività dell’utente: se la prima cosa che fa la mattina e l’ultima della sera è controllare i suoi messaggi, si potrebbe arrivare a dedurre i suoi orari di sonno e abitudini notturne.

Instagram. Agisce come Facebook, del resto tale madre tale figlia. Se il profilo è configurato come privato, non si può accedere all’informazione. Entrambe conoscono il numero di follower e di persone seguite (che equivale a interessi), menzioni, foto, video e geolocalizzazione da dove si pubblica, il che permette di conoscere abitudini, preferenze, date, luoghi e indirizzi precisi, e soprattutto gusti personali.

L’informazione, cioè i dati, sono il potere assoluto, pertanto la sicurezza online è una necessità.

I dati personali (nome, cognome, telefono, email, indirizzo, religione, género, malattie …) sono considerati “sensibili”, quindi, in teoria, dovrebbero godere del diritto alla privacy. Sui social tutto ciò non sempre è possibile. Queste informazioni, insieme ai nostri interessi e gusti, sono il più grande tesoro oggi esistente, perché diventano dati imprescindibili per le attività di disinformazione e di influenza dell’opinione pubblica, magari anche per spostare quella percentuale utile di elettori alle prossime elezioni.

Sullo scandalo Cambridge Analytica consigliamo il documentario su Netflix “The Great Hack – Privacy violata” oppure i libri:

  • Cambridge Analytica. Il potere segreto, la gestione del consenso e la fine della propaganda (Nazzareno Tirino)
  • Mindf*ck: Mindfuck – Inside Cambridge Analytica’s plot to break the world (Christopher Wylie)
  • Il mercato del consenso: Come ho creato e poi distrutto Cambridge Analytica (Christopher Wylie)
  • SUMMARY – Targeted: The Cambridge Analytica whistleblower’s inside story of how Big Data, Trump, and Facebook broke democracy and how it can happen again (Brittany Kaiser)
  • Privacy is Power: why and how you should take back control of your data (Carissa Véliz)

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