Dipendenza da social media. Affligge anche gli utenti di Instagram?

Questo articolo può sembrare border line perché anziché parlare di mobile photography, parla di social media, prendendo come esempio Facebook. Tuttavia, siccome Instagram è un social medium e, per di più, è di proprietà di Facebook (e quindi probabilmente deve seguirne le regole), ho ritenuto interessante tradurre questo pezzo di Caitlin Dewey apparso sul Washington Post. Non solo. Se leggete bene, forse vi ritrovate negli atteggiamenti descritti. Ditemi cosa ne pensate in un commento.

Ecco la sola (e unica) cosa che alimenta la vostra dipendenza dai social media

Caitlin Dewey, sul Washington Post (12 novembre 2014)

 

Se le amicizie si sono mai basate sulla qualità, piuttosto che sulla quantità, oggi di certo non è più così.

Oggi, praticamente ogni sito web che governi le nostre interazioni sociali mette i numeri al centro, come a offrire un riscontro numerico in grassetto del tuo preciso valore sociale. Trecento seguaci di Twitter. Cinquecento amici di Facebook. Appena tre consensi su quel link che hai postato su Reddit ben tre ore fa, il che significa che davvero è stato un flop.

Ho anche un amico che guarda il numero di like che le sue foto di Instagram ricevono, eliminando quelle che non riescono a “raggiungere le due cifre”, come se non ci fosse nulla al mondo di più arbitrario del fatto che nove o 10 persone abbiano messo un cuore sulla foto pesantemente editata del tuo ultimo pasto.

La quantificazione della nostra vita sociale è destinata, presumibilmente, a dare un po’ di forma alle nostre interazioni interpersonali altrimenti amorfe. Ma come un nuovo e sorprendente documento dell’artista e sviluppatore Benjamin Grosser chiarisce, tutti questi numeri stanno anche avendo un effetto più insidioso: sono diventati la principale misura con cui giudichiamo se le nostre amicizie, e le nostre vite, sono preziose o appaganti. Dal 2012, Grosser ha pubblicato un tanto intrigante quanto irritante plug-in chiamato Facebook Demetricator, che – come suggerisce il nome! – rimuove sostanzialmente tutti i numeri da Facebook. Nessun conteggio degli amici, nessun invito a eventi. Demetricator nasconde anche le date, quindi non si può dire esattamente quando qualcosa sia stato postato. Nei due anni di vita online, il suo strumento è stato usato da migliaia di persone – e Grosser ha ottenuto un sacco di feedback su come Facebook guarda e si sente senza tutti quei parametri fastidiosi. In breve, agisce come il Facebook che conosciamo, ma gli utenti sentono meno la pressione di competere per i like, meno pressione per il fatto di dover mettere like ai messaggi di altre persone solo perché i loro amici l’hanno fatto, e meno pressione verso la cancellazione di post senza like (come fa il mio amico ossessionato dalle foto su Instagram “a due cifre”). In altre parole, tutte le ansie di Facebook cadono.

Il social networking senza i numeri appare meno come una gara di popolarità … e più come la socializzazione reale.

“Con Demetricator, l’attenzione non è più sul numero di “Mi Piace” che un utente ha ricevuto, sul numero di like al proprio stato, o su quanto sia datato un certo post, bensì su chi ha messo il like e su cosa questa persona ha detto“, scrive Grosser nel suo articolo. “La quantità non è più in primo piano, ma lascia agli utenti lo spazio per concentrarsi su ciò che rimane, ossia il contenuto“.

wpE questo ha un senso, giusto?

Esiste una vasta letteratura sull’impatto dei numeri sul nostro comportamento; è per questo che i dietisti contano le calorie, gli urbanisti espongono segnali di velocità, gli insegnanti assegnano voti su una scala da 1 a 100. Da decenni gli psicologi hanno capito che un feedback numerico sul nostro comportamento ci spinge a cambiare in tempo reale. “Azione, informazione, reazione”, scrisse Thomas Goetz nel suo approfondimento del 2011 su questo fenomeno. Fu lui a scoprire quanto il loop dei feedback fosse uno “strumento profondamente efficace per modificare i comportamenti”. E allo stesso modo, come suggerisce il Demetricator di Grosser, il loop dei feedback nei social media ci sta cambiando in un modo in cui non saremmo cambiati se questi feedback non ci fossero stati. Essi ci incoraggiano a modificare il nostro comportamento,  noi stessi e le nostre identità digitali, al fine di collezionare più “amicizie” o “like”. Ci insegnano che scherzi e foto e annunci importanti di vita hanno un valore solo quando qualcun altro vi ha fatto doppio clic sopra. In questi giorni di sicuro non c’è delusione più grande del constatare che la pubblicazione di una brillante battuta o di una foto adorabile su Facebook … ha guadagnato solo uno o due miseri like.

Non avevo mai sentito parlare del Demetricator di Grosser prima che lui pubblicasse questo documento, ma dal momento che anche io so cosa significhi non ricevere like su Facebook, l’ho installato per una prova all’inizio di questa settimana. Martedì scorso ho postato una bella foto grande del mio cane: un autentico “acchiappa-like”, così immediatamente adorabile; ero sicura che i miei amici avrebbero messo subito un like. In realtà, io sono certa che i miei amici abbiano apprezzato, ma (grazie al Demetricator, ndr) non ho ricevuto alcuna notifica, il che può essere liberatorio o frustrante (non ho ancora deciso).

Nella mia timeline, le cose erano un po’ più chiare: è impressionante, francamente, quanto riuscissi a giudicare altri articoli e annunci di altre persone e foto di bambini, basandomi unicamente sui loro meriti, senza subire l’influenza di coloro che già avessero giudicato quelle immagini o quelle notizie meritorie di un like. Io ero immune ai post virali, alla peer-pressure* di Facebook, agli annunci acutamente mirati. Ho deciso da sola su cosa cliccare, e stranamente, in quel vuoto, non ho cliccato quasi nulla. Questo dice forse qualcosa sulla natura essenziale di Facebook? Su quanto gli esseri umani siano manipolabili? Su entrambe le cose? Grosser certamente ha un’idea più precisa: Facebook (e altri social network) sono stati intenzionalmente progettati in questo modo per incoraggiare un maggior coinvolgimento, più clic – il che è bene per gli inserzionisti, quindi è bene anche per il business di Facebook stesso. Che si tratti di un bene per i cuori e le menti degli utenti è, naturalmente, un’altra storia.

Le notifiche per me sono diventate come metanfetamina” ha dichiarato un utente a Grosser. “Non riesco a fare a meno di controllare e ricontrollare. Per me è diventata una dipendenza nervosa”. E se invece non ci fossero stati i numeri? -gli è stato chiesto-. “Di fatto si può dire che il format abbia in sé un elemento zen, perché alla fine mi sento sollevato”, ha concluso l’utente.

 

*peer-pressure = la “pressione” o l’”influenza” che si subisce da parte dei propri “pari” ossia delle persone che, su un social network, appartengono alla propria cerchia di amici; per esteso, la tendenza a seguire i suggerimenti e riprodurre le azioni dei nostri “amici” sui social media, come per esempio gli acquisti.

 

 

 

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